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Arabia Saudita: la nuova meta del business sanitario

di Martino Pillitteri

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17 aprile 2008
Il King Faisal hospital in Jiddah (Foto AP)

Dopo i pregiati marmi di Carrara, le eleganti piastrelle di Sassuolo e le sofisticate rubinetterie di Lumezzane, per aziende e tecnologie italiane ed europee, (in particolare fornitori di prodotti ospedalieri, costruttori di sale operatorie, ricercatori e medici) si stanno prospettando opportunità di business nel settore sanitario in Arabia Saudita e negli Emirati.
In base al recente studio di Mckinsey (Healthcare in the GCC – Challenges and Opportunities) nei prossimi anni, l'Arabia Saudita, avrà sempre più bisogno di capitali, risorse umane e know how dall'estero.
L'ascesa della cultura della prevenzione delle malattie ha contribuito a far prendere atto di come molti uomini e donne del regno soffrano di diabete, malattie cardiovascolari, problemi digestivi, cancro, e che la media degli obesi in Arabia è più alta rispetto a quella degli altri paesi in medio oriente. Lo studio, diagnostica altresì come il sistema sanitario saudita in generale non goda di perfetta salute e che i primi sintomi quali l'invecchiamento della popolazione e i costi fuori controllo debbano essere sanati il prima possibile.
Ad oggi, la partecipazione del Pubblico nel sistema sanitario saudita è circa del 75%. Questa condizione sarà insostenibile da mantenere nei prossimi anni. Infatti, entro il 2020, si stima che la popolazione saudita arriverà a 30 milioni contro i 25 milioni attuali, mentre il tasso di crescita delle spese sanitarie crescerà più del tasso di crescita della popolazione. Tradotto in effetti reali, la domanda di letti per ospedali e relativi equipment passerà da 51,000 a 70,000; il numero di medici da 40,000 a 54,000 mentre quello delle strutture ospedaliere passerebbe dagli attuali 364 a 502. Oggi, solo il 20% dei medici è saudita e c'è un infermiera su tre per ogni mille pazienti. La media nei paesi del Golfo è di 4 infermiere. In occidente è di 9,4. Per sostenere uno sviluppo così ampio, la spesa sanitaria dei paesi del Golfo dovrebbe incrementare, entro il 2025, dagli attuali 12 miliardi di dollari a 60 miliardi di dollari.
A fronte di questo scenario, gli esperti ritengono come il sistema attuale non disponga delle risorse e delle competenze necessarie per soddisfare la crescita della domanda negli investimenti sanitari futuri e che, per affrontare al meglio le sfide attinenti alla salute dei sauditi, il regno non abbia altra scelta se non quella di privatizzare il sistema e aprirlo a risorse economiche ed umane che vengono dall'estero.
Le agenzie governative che gestiscono gli ospedali, non hanno le competenze di management adatte per questo livello di responsabilità, e gli incentivi economici adottati finora non sono stati sufficienti per attrarre specialisti stranieri o trattenere professionisti qualificati locali.
Lo Stato ha reso possibile che i sauditi disponessero di copertura medica, ma non è stato in grado di creare un sistema basato sulla qualità, il continuo miglioramento dei servizi e l'aggiornamento professionale degli addetti ai lavori. Il motivo è anche culturale: la separazione tra uomini e donne negli uffici e strutture sia pubbliche che private rende l'interazione tra i professionisti e lo scambio di competenze un processo lungo e laborioso con ripercussioni sia professionali che sociali.
Ora che i sintomi del regno conservatore sono stati "svelati", qual'è il camice da fargli indossare, più opportuno e al passo con la libera circolazione di idee, capitali e individui?
Secondo l'analisi di McKinsey, per rendere il regno una destinazione attrattiva per gli operatori sanitari privati e mantenere quelli già presenti sul mercato, il ministero della santità saudita dovrà aumentare gli standard di qualità sia per gli operatori nel settore pubblico che per i soggetti che richiedono la licenza per aprire una clinica privata. Per quanto riguarda la possibilità di attrarre investitori stranieri, l'incentivo maggiore è identificabile nell' organizzazione di un nuovo sistema assicurativo sanitario. Lo Stato, asserisce lo studio di Mckinsey, dovrà disegnare e implementare un nuovo sistema; il modello che più si adatta alla realtà saudita è quello di un impianto medico privato dove lo Stato interviene stabilendo regole e fissando gli standard ma anche rimborsando le spese mediche per i propri cittadini.
Sempre secondo il rapporto, i sauditi e i cittadini del Golfo sono disponibili a spendere i loro soldi in terapie sempre più sofisticate e trattamenti personalizzati in strutture ospedaliere moderne e attrezzate di varie facility per il tempo libero, la cura del corpo, palestre, mini cinema, parchi e piscine e posti letto più simili a suite di un albergo a 5 stelle che a una camera d'ospedale. In base alla previsione degli analisti, Dubai e altri paesi del Golfo, diventeranno destinazioni privilegiate del turismo medico.
Non a caso, imprese specializzate degli Stati del Golfo, si stanno già attrezzando e investendo per posizionarsi nel mercato della sanità e del benessere. Ad attrarre i pazienti saranno i costi competitivi, la qualità del trattamento, la presenza di medici e personale internazionale, la disponibilità immediata e la varietà di offerte personalizzate. Dubai Healthcare City per esempio, che sarà completata entro il 2010, comprende ospedali, alberghi, centri ricerche, palestre, centri per la riabilitazione, ville e appartamenti privati nel verde e ospiterà anche un sede staccata dell'Harward Medical School.

17 aprile 2008
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