TOYAKO - G-8, G-16 o G-22? Il vertice di Toyako è la più affollata riunione di leader da quando esiste il summit annuale dei Grandi, nel senso che oltre al vertice specifico del G-8, ci sono due sessioni "outreach" che portano il totale dei leader presenti appunto a 22. Lunedì mattina si è svolta la prima di queste riunioni allargate: quella con i leader dei Paesi africani invitati dal Giappone (Algeria, Etiopia, Ghana, Nigeria, Senegal, Sud Africa e Tanzania).
Mercoledì sarà la volta del confronto con le più dinamiche (e inquinatrici) economie emergenti: Cina, India, Brasile, Messico, Australia, Indonesia, Corea del Sud e Sud Africa. Il vulcanico presidente francese ed europeo Sarkozy, prima di partire per l'Hokkaido, non ha mancato di gettare un nuovo sasso nella stagno della politica internazionale, spezzando una ulteriore lancia in favore di un allargamento strutturale del G-8: secondo lui "non è ragionevole" riunirsi in otto senza la partecipazione diretta dei Paesi emergenti più forti ed è impossibile pensare di "risolvere i grandi problemi del mondo dimenticando la Cina, un miliardo e 30 milioni di persone, o l'India, un miliardo di persone". E ha rincarato la dose: "Non accetto che un continente da un miliardo di persone come l'Africa non abbia un Paese che lo rappresenti al tavolo dei leader mondiali".
Sarkozy aveva già espresso il suo favore per un "tavolo a 13", mentre anche il premier britannico Gordon Brown si è dichiarato favorevole a una espansione del G-8. Nei precedenti G-8 settoriali svoltisi in Giappone nei mesi scorsi - da quello dell'energia a quello dell'ambiente, in effetti si sono manifestati forti imbarazzi per un calendario di lavori suddiviso tra riunioni ristrette e allargate: non è successo solo a Kyoto, visto che il G-8 dei ministri degli Esteri di fine giugno è stato l'unico a non avere invitati esterni.
Da Toyako non dovrebbero arrivare indicazioni ufficiali: il Giappone, che ha la presidenza, ha respinto ogni idea di mettere all'ordine del giorno la questione dell'allargamento e probabilmente rifiuterà anche di inserire del sommario finale una frase sull'argomento. "Su questo tema, l'ideale è che i singoli leader possano dire nello loro conferenza stampa, se lo riterranno, tutto quello che vogliono", ironizza un funzionario del ministero degli esteri di Tokyo. Non è un mistero che il Giappone tema per l'inevitabile diluizione del suo ruolo se altre potenze asiatiche dovessero salire a bordo della carrozza dei leader globali: la prospettiva sarà certo inevitabile per il futuro, ma non appare il caso di indebolire il proprio status diplomatico adesso, tanto più senza contropartite. Una posizione che trova consensi anche negli ambienti della Farnesina: il ruolo dell'Italia uscirebbe altrettanto indebolito, quindi è meglio non avere fretta, anche se il futuro sarà sicuramente diverso e quindi si pone un problema di "pilotare" il cambiamento anziché meramente cercare di esorcizzarlo. L'espansione del G-8 non può considerarsi dissociata da altre potenziali riforme di istituzioni internazionali, dal Fondo Monetario al Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Tokyo vuole un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza, dove quattro posizioni su cinque sono appannaggio di altri membri del G-8: una aspirazione andata finora a vuole per l'opposizione della Cina (oltre che dell'Italia) e per il supporto insufficiente da parte dei Paesi africani. Finché non ci sarà qualche forma di scambio, insomma, per Tokyo il G-8 deve restare fedele alle sue origini di vertice tra democrazie mature e avanzate: l'ingresso della Russia voluto da Clinton dal 1997 per supportare la sua transizione democratica potrà restare un'eccezione. Per il momento.
