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Cronaca

G8, ll'ombra dei rincari sulla crescita.
Gas serra: Cina e India frenano

dal nostro inviato Stefano Carrer

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9 luglio 2008
Una strada di Pechino immersa nello smog in una foto di questa mattina (Ansa)


TOYAKO - «Noi, i leaders…». Sembra fare il verso al preambolo della Costituzione americana («Noi, il popolo…») l'inizio del comunicato rilasciato al termine della riunione delle maggiori economie mondiali, avanzate ed emergenti (G8+G5+tre Paesi ospiti). «Noi i leaders di Australia, Brasile, Canada, Cina, Ue, Francia, Germania, India, Indonesia. Italia, Giappone, Repubblica di Corea, Messico Russia, Sud Africa, Regno Unito e Stati Uniti». Senonché mentre il preambolo a stelle strisce termina con un perentorio «ordiniamo e stabiliamo», quello di oggi a Toyako si limita a un «dichiariamo quanto segue». E a seguire ci sono belle parole («Il cambiamento climatico è una delle grandi sfide del nostro tempo»), e un troppo generico «supportiamo una visione comune per una azione collaborativi a lungo termine, compreso un obiettivo globale a lungo termine per la riduzione delle emissioni».

La sostanza è: non è stato concordato alcun target, nemmeno a lungo termine. Il G8 da solo ha indicato come obiettivo globale una riduzione di almeno il 50% delle emissioni entro il 2050 che passi per il contributo di tutti. Ma il "Gruppo dei 5" emergenti, a cominciare da India e Cina, non è pronto a sottoscrivere impegni nemmeno a lungo termine se i Paesi avanzati non mostreranno una determinazione più convinta, in particolare nel fissare obiettivi proprio a medio termine: dal punto di vista degli emergenti, il G8 dà poco e chiede troppo. L'India si è spinta a dichiarare che non intende in alcun modo prendere decisioni che possano frenare la sua crescita economica. La preoccupazione dei due giganti asiatici è che un taglio delle emissioni così netto possa fermare la loro crescita economica, che ha ritmi ben diversi da quelli dei Paesi occidentali: infatti hanno fatto segnare tassi di crescita rispettivamente del 9,3% (la Cina) e del 7,9% (l'India).

L'intero G8 ha cercato di convincere gli altri che concorrere alla lotta all'effetto serra non è in contraddizione con la crescita, ma le posizioni restano distanti sull'entità delle «responsabilità differenziate» e delle «rispettive capacità» che dovrebbero essere alla base di una ripartizione globale degli oneri. All'attivo di questo summit si può registrare che gli ospiti Indonesia, Australia e Corea del Sud hanno affermato di condividere l'obiettivo della riduzione globale del 50% entro il 2050 introdotto formalmente nel panorama della diplomazia dell'ambiente. Un risultato piuttosto modesto, che spinge le organizzazione non governative, praticamente all'unanimità, a giudicare che dal vertice di Toyako non sia uscita quella svolta che sarebbe necessaria per l'urgenza di contrastare i cambiamenti climatici. Per il premier giapponese Fukuda, invece, questo summit è stato un successo: la sintesi della presidenza evidenzia la volontà comune di affrontare i temi più spinosi - come i rincari delle materie prime - che minacciano la sicurezza energetica ed alimentare globale, di confermare gli impegni verso l'Africa e di «utilizzare le opportunità della globalizzazione a beneficio dei nostri cittadini e della crescita mondiale. Fukuda, in chiusura del vertice, ha annunciato che il Giappone ospiterà in autunno un forum globale sull'energia focalizzato sulle tecnologie.

Tutto rimandato per un accordo serio tra il G8 e altre otto grandi potenze più inquinanti sul dimezzamento delle emissioni inquinanti entro il 2050. Gli otto Paesi più industrializzati del mondo e le otto potenze emergenti (Cina, India, Brasile, Messico, Sud Africa, Indonesia, Corea del sud e Australia), invitate al summit di Toyako, si sono trovati d'accordo sulla necessità di tagliare le emissioni nocive per l'ambiente nel lungo periodo, attraverso un «profonda riduzione» della produzione di Co2, ma nella dichiarazione congiunta non si propongono nè cifre, nè scadenze. Nel documento firmato in Giappone si fa quindi riferimento a lla generica necessità di fare fronte alla sfida del cambiamento climatico. Ma non viene indicata alcuna cifra o scadenza. Sul fronte del taglio delle emissioni, la possibilità di raggiungere obiettivi di lungo termine, sostengono i paesi emergenti, dipende anche da «tecnologie economiche, nuove, innovative e più avanzate. La cooperazione tecnologica con il trasferimento di conoscenze alle potenze emergenti è vitale» si legge nel documento firmato al summit giapponese. Lo sforzo però «richiederà una più grande mobilitazione di risorse finanziarie sia nazionali che internazionali».

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