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Fuga radioattiva, allarme in Belgio

di Enrico Brivio

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30 Agosto 2008

«Sabato ci hanno detto che non era niente, martedì che la situazione era più grave e ora che è una catastrofe». Così Richard Charlier, idraulico di 54 anni di Fleurus, località a una cinquantina di chilometri a Sud di Bruxelles, ha sintetizzato ieri con rabbia il ritardo nell'allarme dato dalle autorità belghe dopo una fuga radioattiva verificatasi in un istituto che produce radioisotopi per uso medico nella zona di Charleroi.
L'incidente, il più grave mai avvenuto in Belgio in campo nucleare, risale allo scorso fine settimana, ma solo ieri le autorità competenti hanno deciso di mettere in guardia la popolazione. E auto della polizia hanno cominciato a circolare con altoparlanti intimando agli abitanti che vivono entro un raggio di 5 chilometri dal luogo di non consumare la frutta e la verdura dei loro giardini, né di bere l'acqua piovana o il latte locale fino ad un nuovo ordine.
La fuga di materiale radioattivo (iodio gassoso 131) era stata segnalata nella notte tra domenica e lunedì. E martedì l'incidente era stato classificato al livello 3 (guasto grave) della scala internazionale Ines, che comprende 7 livelli, ma considerato senza conseguenze significative per la popolazione della zona. Solo ieri sera l'Agenzia belga per il controllo nucleare, dopo aver constatato un livello di iodio radioattivo molto più alto su alcuni campioni di erba, ha optato per misure di protezione più stringenti. A questo punto è partita la comunicazione alla Commissione Ue attraverso il sistema d'allerta Ecurie per tutti gli altri Stati europei.
«La popolazione è inquieta, è normale - ammette Jean-Luc Borremans, sindaco di Fleurus, cittadina di 20mila abitanti con molti immigrati italiani - il nucleare è un tema che spaventa, ma mi fido degli esperti che mi dicono che la situazione è sotto controllo e le misure intraprese sono solo di prevenzione». Parte della popolazione locale e gli ambientalisti mettono però sotto accusa l'allarme tardivo. Secondo Greenpeace, le autorità avrebbero poi sottostimato i rischi che lo iodio radioattivo può provocare nei bambini che «sono 22 volte superiori rispetto a quelli a cui sono sottoposti gli adulti in caso di ingerimento».

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