TRIPOLI - Dietro al solenne protocollo e al clima festoso che ha accompagnato oggi pomeriggio a Bengasi la firma dell'accordo di amicizia, partenariato e cooperazione tra il premier italiano, Silvio Berlusconi e il colonnello Muhammar Gheddafi già si intravedono insidie e contraddizioni. Non è chiaro, ad esempio, attraverso quale meccanismo il Governo italiano reperirà i 200 milioni di dollari l'anno per 25 anni (5 miliardi di dollari) per finanziare il "grande gesto" a ripararazione del periodo coloniale, ossia l'autostrada litoranea da 2mila km più un piano di infrastrutture e di edilizia abitativa. Non è poi chiaro quale parte delle opere verranno realizzate da ditte italiane. Sul contrasto all'immigrazione clandestina Berlusconi si è detto convinto che, d'ora in avanti, Italia e Libia combatteranno insieme i commercianti di schiavi anche attraverso la costruzione da parte di Finmeccanica di un sistema di controllo radar e satellitare sulle frontiere meridionali del Paese. Di certo con la stagione autunnale gli sbarchi a Lampedusa diminuiranno, ma il problema si riproporrà il prossimo anno come una spada di Damocle. Le pensioni di invalidità alle vittime delle mine italiane e agli eredi degli "ascari" che combatterono a fianco delle truppe italiane hanno fatto gridare allo scandalo l'associazione dei rimpatriati dalla Libia che attendono ancora una parte degli indenizzi per i beni sequestrati a suo tempo da Gheddafi (che non sono stati computati per ridurre le pretese libiche). Cauto ottimismo invece delle imprese che vantavano crediti per 620 milioni di dollari che dovrebbero in buona parte essere liquidati. Ma i primi a non credere che questo accordo chiuderà realmente ogni questione pregressa sono proprio le due parti negoziali che già hanno incaricato una serie di gruppi tecnici di lavoro di approfonidre i singoli capitoli dell'accordo. C'è, tuttavia, da sottolineare che, per la prima volta, anche rispetto ai politici della prima Repubblica, Berlusconi ha saputo intercettare l'anima profonda del Colonnello e ha saputo creare una corrente di simpatia che ha favorito il clima necessario per l'intesa. Per la prima volta Gheddafi non ha donato al premier italiano il vecchio e arrugginito moschetto 91 dei soldati italiani ma una camicia di lino bianco mentre il Cavaliere ha portato in dono all'ospite un calamaio d'argento a forma di leone con due penne con le quali è stato frimato l'accordo. Se sono rose fioriranno.