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Ottobre 2001: quando Swissair rimase «a terra»

di Lino Terlizzi

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14 settembre 2008
Gli aerei della Swissair fermi, per mancanza di fondi, nell'aeroporto di Zurigo il 3 ottobre del 2001 (AP Photo/KEYSTONE/Steffen Schmidt)

LUGANO - "Grounding" è una parola che suscita ancora imbarazzo in Svizzera. Il 2 ottobre del 2001 gli aerei della Swissair, sino ad allora celebrata come una delle migliori compagnie aeree, rimasero a terra per mancanza di soldi. Fu una crisi senza precedenti, un danno economico e di immagine enorme per la Confederazione elvetica. "Grounding" sarebbe diventato alcuni anni più tardi anche il titolo di un film elvetico, attraverso il quale il Paese ha cercato di fare i conti con se stesso e con il fallimento di Swissair. Ora, a distanza di quasi sette anni, con una nuova compagnia nata dalle ceneri di Swissair – la Swiss – che funziona e che è entrata nell'orbita di Lufthansa, la Svizzera comincia a riaversi. La ferita non è ancora completamente rimarginata, ma Swiss, figlia di quella crisi, sta in effetti diventando un caso di successo. Il prezzo per il rilancio: tagli di voli e organici, passaggio in mani straniere.

Quel 2 ottobre nessuno o quasi si aspettava il grounding. Eppure, rivista con gli occhi di poi, la storia di Swissair aveva già fornito chiari segnali di allarme. L'impressione di fondo era che non si sarebbe mai arrivati alla chiusura della compagnia di bandiera. Swissair perdeva soldi, non era riuscita ad entrare in una grande alleanza, si era lanciata in una campagna di acquisizioni da capogiro per evitare l'isolamento, ma alcune delle linee estere acquisite (tra cui la belga Sabena) erano a loro volta fonti di perdite. Il passo decisivo fu la chiusura dei rubinetti da parte delle banche, di Ubs in particolare. Un passo criticato e controverso, che però di fatto ha mostrato che il re era davvero nudo. L'altra mossa decisiva è stata quella della Confederazione, che ha iniettato danaro per riprendere le attività dopo il grounding ma che nel contempo ha messo insieme la ex Swissair e la controllata Crossair, facendo poi nascere, nell'aprile del 2002, la nuova Swiss. Il capitale di questa è stato fornito da Confederazione e Cantoni ma anche dalle principali imprese svizzere.

La cura dimagrante è stata drastica, circa un terzo dei voli e degli organici dell'ex gruppo Swissair è stato tagliato, i salari hanno risentito della crisi. E' stato inoltre scelto un solo hub nazionale, l'aereoporto di Zurigo, con una riduzione quindi della presenza a Ginevra e in altri scali. Swiss ha cercato quasi subito un'alleanza con British Airways, ma il tentativo è fallito. Nel 2005 è stata Lufthansa non solo ad allearsi, ma ad acquisire Swiss. A quel punto, la nuova compagnia rossocrociata aveva già attuato autonomamente la sua ristrutturazione e si era già riportata in area utili. Nel 2006 Swiss è tornata in attivo.

Lufhtansa ha pagato in tutto 339 milioni di franchi (212 milioni di euro) per Swiss. Non è molto, se si considera che la sola Confederazione tra il 2001 e il 2002 ha versato 1,7 miliardi di franchi per l'ex Swissair e per la nuova Swiss. Ma l'emorragia di soldi è stata fermata ed un marchio elvetico vola ancora nei cieli. Per l'opinione pubblica svizzera restano due rincrescimenti il fatto che in sede giudiziaria non siano stati definiti sin qui i colpevoli principali del dissesto Swissair; il fatto inoltre che il Paese non abbia più una sua compagnia. Su quest'ultimo punto ha risposto qualche tempo fa con chiarezza il ministro elvetico delle Finanze, Hans-Rudolf Merz: «La Svizzera non ha una compagnia di bandiera, è vero, ma ha almeno i collegamenti che le servono».

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