Da 40 anni a Chicago l'immenso Grant Park (dal nome del generale che durante la guerra civile distrusse l'esercito secessionista del Sud) era associato agli scontri a base di manganelli e bombe lacrimogene della polizia con i delegati pacifisti durante la Convention democratica del 1968. È stato perciò simbolico che nella notte della vittoria migliaia di famiglie di qualsiasi origine sociale o fede religiosa abbiano insistito nel portare anche i bambini più piccoli ad ascoltare il discorso con cui nel cuore della notte Barack Obama ha voluto concludere la sua marcia verso la candidatura alla presidenza e ufficialmente riconciliare il Partito democratico con l'amministrazione cittadina.
Alle 23 (ora locale) all'annuncio che gli Stati della California, dell'Oregon e di Washington avevano spinto il totale oltre i 270 voti elettorali richiesti dalla legge, l' immensa folla è esplosa in un boato di applausi, urli, e canti e uno dei commentatori ha ricordato le parole di Martin Luther King con cui egli si era detto sicuro di poter in persona raggiungere la terra promessa, ma non aveva dubbi che il suo popolo insieme con il resto della popolazione, ci sarebbe arrivato. Subito dopo Obama ha ripreso questo tema con tale eloquenza che a un certo punto una macchina da presa ha colto l'alleato King Jessie Jackson a piangere come un bambino. Obama non è entrato nei dettagli dei programmi che dovrà mettere in atto con l'aiuto e la collaborazione di milioni di americani di tutte le età e condizioni sociali perché, come ha spiegato, la strada da percorrere sarà lunga e difficile. La migliore riprova che oggi è incominciata un'era nuova si è visto non solo a Chicago, ma anche in centinaia di altre località dove giovani e vecchi hanno riempito piazze, parchi e strade non solo per ascoltare ma anche per applaudire questo nuovo tipo di leader che l'America ha portato alla Casa Bianca.