14 novembre 2008
Facebook e blog ai raggi X per la squadra di Obama
di Marco Valsania
Barack Obama è stato eletto con il mantello del leader pronto a tutte le rivoluzioni. Ma pochi avevano immaginato, anche nel partito democratico, la sua ultima rivoluzione: il presidente eletto ha reinventato il mercato degli incarichi di Governo.
Gli aspiranti a posizioni di rilievo nella sua prossima amministrazione, dai ministri ai sottosegretari a decine e forse centinaia di altri funzionari, dovranno sottoporsi a una selezione senza precedenti, un vero e proprio test di trasparenza: la squadra di Obama ha preparato un questionario standard lungo sette pagine, con 63 domande, che intende gettare luce sul passato personale e professionale. E che tiene esplicitamente conto della nuova cultura tecnologica e di internet: tra le informazioni da fornire per essere presi in considerazione ci sono e-mail imbarazzanti, profili su siti di social networking quali Facebook, messaggi su blog e qualunque pseudonimo utilizzato sull'autostrada elettronica.
L'iniziativa ha lasciato di stucco anche veterani del processo politico americano. Tanto da spingere il New York Times a immaginare scene di candidati a poltrone nei ministeri che setacciano freneticamente attici polverosi e file sui computer alla ricerca di ogni possibile documento. Per la campagna di Obama, invece, nulla di più logico: il futuro presidente aveva promesso di cambiare il modo di fare politica a Washington e la nuova iniziativa dimostra che prende sul serio gli impegni.
Per i critici anche troppo sul serio: c'è chi insinua che il questionario rappresenti un'inaccettabile intrusione nella vita privata. Le richieste riguardano infatti, oltre ai potenziali candidati, i loro coniugi, figli anche adulti e spesso i parenti. Coprono, inoltre, un periodo di almeno dieci anni. Tra le poche informazioni su cui scatta la clemenza si contano le infrazioni minime: multe inferiori ai 50 dollari.
L'ultima rivoluzione di Obama è sicuramente parte del suo stile politico, che ha fatto gridare all'innovazione: durante la campagna elettorale ha raccolto somme record attraverso internet, mobilitato un esercito di volontari, funzionari e semplici sostenitori, stimato in 3,1 milioni di donatori e 10 milioni di supporter. E ha dimostrato una ferrea disciplina.
Questo approccio vuole continuare anche adesso: Obama ha lanciato un nuovo sito durante la transizione, change.gov, dove chiunque voglia farsi avanti per eventuali posizioni nell'amministrazione può inviare un messaggio e candidarsi. E ha pronto un progetto battezzato Obama 2.0, che intende mantenere contatti diretti con la grande rete di sostenitori sviluppata durante la campagna elettorale, uno strumento inedito di dialogo e di mobilitazione dell'opinione pubblica attraverso il web. Sul fronte della trasparenza ha inoltre varato limiti per i lobbisti anche durante la transizione.
Il nuovo questionario rappresenta però l'apice della sua agenda riformatrice. Un modo nuovo anche di rispondere a una vecchia e cruciale preoccupazione: la cautela con cui le amministrazioni entranti devono procedere sulle nomine. Il rischio di compiere passi falsi ha complicato il debutto di numerosi presidenti, a cominciare dall'ultimo commander in chief democratico Bill Clinton.
Questa prudenza si riflette in alcune delle domande più delicate del test: gli aspiranti, in risposta al quesito numero 18, devono rivelare se loro, i loro coniugi e chiunque tra i parenti più stretti sia stato in qualche modo affiliato a giganti finanziati in crisi del calibro di Fannie Mae, Freddie Mac, American International Group e Washington Mutual.
Esplicita, nel questionario, è anche la richiesta di svelare attività che hanno generato controversie oppure di lobby. Ancora: occorre mettere in chiaro le condizioni di lavoro del personale domestico e il loro status con l'immigrazione. Clinton nel 1993 vide uscire di scena per questo il suo ministro della Giustizia, la signora Zoe Baird, magistrato di New York.
14 novembre 2008