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Clima: raggiunto l'accordo Ue. Più flessibilità per l'industria

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12 dicembre 2008

Al Consiglio europeo è stato raggiunto l'accordo sul pacchetto clima ed energia. Il pacchetto prevede che entro il 2020 l'Ue riduca del 20% le emissioni di gas serra, aumenti del 20% l'efficienza energetica e porti al 20% il ricorso alle fonti alternative nel mix energetico. Rispetto al "pacchetto" iniziale il nuovo accordo è più flessibile, soprattutto per quanto riguarda i settori industriali. Di seguito, le principali novità.

Appuntamento a marzo 2010: anche Usa, Cina e India devono fare la loro parte. Il vertice Ue ha confermato gli obiettivi di riduzione delle emissioni di Co2 entro il 2020, ma sulla strada di questo impegno da «apripista» nella lotta al cambiamento climatico c'è l'appuntamento del marzo 2010 quando i 27 «valuteranno l'impatto dei risultati del negoziato globale sul clima sulla competitività e i settori dell'economia europea». Sarà considerato il risultato della conferenza Onu che si terrà a Copenhagen tra un anno. Non è una clausola di revisione prescrittiva, ma è chiaro che la Ue non vuole restare da sola a sopportare i costi della riconversione ecologica. La presidenza francese ha tenuto a ribadire che la decisione di oggi è «storica perchè non c'è alcun continente che si sia dotato di regole così vincolanti come quelle che abbiamo adottato all'unanimità». Adesso possiamo dire a tutti, ha insistito il presidente Nicolas Sarkozy, «noi l'abbiamo fatto adesso tocca a voi». Intendendo per voi i partner globali dagli Usa alla Cina all'India. Silvio Berlusconi ha parlato di «clausola di revisione generale»: «Ce lo siamo detto chiaro e tondo, l'Europa dà il buon esempio ma è chiaro che non potremo procedere da soli». Il testo del documento finale non indica se la valutazione che la Ue farà in marzo potrà dar luogo alla revisione degli obiettivi fissati oggi (il pacchetto 20-20-20). I diplomatici stanno ancora scrivendo l'ultima versione del documento. In ogni caso è chiaro che se Usa, Cina e India non dovessero assumere obiettivi coerenti con la piattaformà europea, la riflessione sarebbe almeno a 180 gradi. Questo è un punto al quale teneva particolarmente l'Italia (e l'intero mondo imprenditoriale sia italiano che europeo), ma non solo, tanto più che non si sa quanto durerà la recessione e in quali condizioni si troverà l'industria europea quando ne uscirà.

Più flessibilità per alcuni settori manifatturieri. Alcuni settori industriali, come richiesto in particolare da Germania e Italia, beneficeranno dell'esenzione al 100% dall'obbligo di acquistare permessi di emissione. A rischio di delocalizzazione (e quindi meritevoli di esenzione) saranno, per l'Italia, settori manifatturieri strategici come la carta, la ceramica, il vetro e la siderurgia. I settori industriali che invece non verranno considerati esposti al rischio di delocalizzazione (e cioé al carbon leakage) avranno l'obbligo di acquistare il 20% dei diritti di emissione nel 2013. Quota che salirà al 70% nel 2020 e solo nel 2027 l'obbligo sarà completo. «Da qui al 2013, quando la Direttiva entrerà in vigore, lavoreremo sulla base dei criteri della Direttiva affinchè anche gli eventuali settori che non dovessero essere coperti vengano garantiti», ha aggiunto il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo.

Più fondi per la CO2 sottoterra. I leader dei Ventisette hanno inoltre portato a sei miliardi di euro i fondi che saranno destinati allo sviluppo della tecnologia Carbon Capture and Storage (Ccs), ovvero la cattura e stoccaggio geologico della CO2 sottoterra. I fondi saranno reperiti da 300 milioni (la proposta originaria era di 200 milioni) di quote di emissioni che saranno trattate nella nuova Borsa della C02. I fondi serviranno alla realizzazione di 10-12 progetti-pilota, ovvero veri e propri impianti da realizzare nel 2015.

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