Il Sole 24 Ore
Stampa l'articolo Chiudi

16 DICEMBRE 2008

Un italiano famoso, Charles Ponzi

di Elysa Fazzino

Non solo pizza e mandolino, ma anche lo «schema Ponzi». Tra le etichette appiccicate all'italianità c'è anche quella poco lusinghiera della truffa applicata nel caso Madoff. In effetti, l'italiano di cui si parla di più oggi sui siti dei media esteri è Charles Ponzi, che ha dato il nome al sistema delle piramidi finanziarie, la vendita a catena attuata allo scopo di scroccare denaro agli investitori. I giornali americani, inglesi, francesi spiegano chi era e cosa ha fatto questo immigrato italiano negli Usa che negli Anni Venti truffò migliaia di clienti, lasciando il segno.

«Truffatore e manipolatore di azioni» lo definisce il New York Times sotto la foto di Ponzi appena uscito di prigione, a Boston. La frode da 50 miliardi di dollari di Bernard Madoff viene chiamata ora come il più grande «schema Ponzi» della storia. Sewell Chan oltre a fare notare per inciso che ci sono altri contendenti per questo genere di distinzione - osserva come Madoff e Ponzi siano personaggi molto diversi. Il primo scrive è vissuto nei mondi della finanza e della filantropia, con una reputazione che si estendeva dalle élite danarose di Manhattan ai campi da golf di Palm Beach. Ponzi era un immigrato «dalla parlantina veloce» che non aveva mai finito gli studi e il suo schema faceva presa sui lavoratori comuni desiderosi di beneficiare della ricchezza generata intorno a loro durante quell'ultima Età dell'Oro.

Il New York Times fa parlare Mitchell Zuckoff, il biografo di Ponzi, autore del libro «Lo schema Ponzi: la Vera Storia di una Leggenda Finanziaria». Arrivò a Boston nel 1903, a 21 anni. Imparò rapidamente l'inglese, fece molti lavori, lavorò come cameriere e allo sportello di una banca, fece un periodo di prigione per traffico di immigrati clandestini dall'Italia.

Lo schema che aveva congegnato consisteva nel comprare «tagliandi internazionali di risposta» (i francobolli internazionali prepagati molto usati dagli emigrati) in valute europee a tassi di cambio fissi (e quindi a basso prezzo) e nel riscuotere l'equivalente in dollari negli Usa, con un utile garantito. La gente gli affidava i soldi e lui «aveva bisogno di avere solo abbastanza contanti per pagare chi riscattava i coupon». Ovviamente, con la prospettiva di aumentare i risparmi in modo esponenziale, «pochi riscattavano». Fu condannato per il suo schema nel 1920, fu incarcerato e alla fine nel 1934 fu espulso in Italia, senza mai diventare cittadino americano. Morì «senza un soldo a Rio de Janeiro nel 1949 e lì fu sepolto nel cimitero dei poveri».

Democratizzare la ricchezza
«Aveva verve e carisma, e attirava molta attenzione», dice Zuckoff, secondo il quale Ponzi, «almeno concettualmente», rappresentava la «democratizzazione della ricchezza». Mentre Madoff offriva il senso di appartenere a un club esclusivo, Ponzi era un «grande equalizzatore», «attingeva nei desideri delle masse». Secondo il suo biografo, Ponzi morì sostenendo che aveva agito in buona fede.

La sua storia è raccontata a mo' di parabola dal britannico Times. «Non c'è dubbio che era un imbroglione», scrive Daniel Finkelstein. Ma a Boston si sposò con una brava ragazza italiana e cercò di mettere la testa a posto. «Ed è allora che sono cominciati i guai». Si rese conto che c'erano affari in ballo vendendo i coupon postali di risposta. E mise in piedi il meccanismo che poi, in un certo senso, gli sfuggì di mano. Lo schema crollò e andò in prigione. «Ma stranamente, aveva un gran numero di fan che erano indignati dalla sua incarcerazione ed espulsione. Nella comunità di immigrati italiani era, per alcuni, sempre un eroe». La «dimensione e l'audacia» della sua frode fecero sì che il nome di Ponzi restò legato questo tipo di truffa. Ma una ventina d'anni prima l'aveva tentata William Miller, contabile di una compagnia del tè.

«Truffe del genere non sono nuove, ce ne sono sempre state e sempre ce ne saranno». Il truffatore, secondo Finkelstein, trova le sue vittime tra le persone più intelligenti. Più la truffa è grande e più è essenziale che le vittime non siano stupide: più sono intelligenti, più capiscono che l'affare può essere vantaggioso per loro. C'è una lezione da trarre anche per la crisi: «Negli ultimi dieci anni abbiamo creduto che la crescita dell'economia era magica, che sarebbe continuata per sempre…Questa volta era diverso, dicevamo a noi stessi, come ci diceva Gordon Brown…». «Così siamo andati avanti allegramente, finanziando i servizi pubblici facendo pagare a chi entra nella forza lavoro i benefici della forza lavoro esistente. Uno schema Ponzi. E noi siamo il bersaglio».
Ponzi costruì «la più grande truffa d'America dell'inizio del Ventesimo secolo», scrive più sinteticamente il britannico Guardian in risposta alle «Faq» (frequently asked questions). «Comprò coupon postali il cui valore era basso in Europa e li rivendeva con un rialzo del 400% negli Usa. Divenne multimilionario. Un'inchiesta del New York Post scoprì la frode e lui fu rispedito in prigione. Finì la sua vita in povertà».

Lo schema che prende il nome da «uno dei più noti imbroglioni della storia Usa» è in realtà, puntualizza il Daily Mail, «una versione elaborata della truffa più antica di tutte», la piramide finanziaria. Gli investitori davano i loro soldi attirati dagli alti rendimenti offerti. Il truffatore paga i vecchi investitori con il denaro fresco messo dai nuovi investitori. «Ciò creava un effetto alone, attraendo altri creduloni». Ponzi emigrò in America nel 1903 con due dollari e mezzo in tasca, ricorda il tabloid. Al culmine del suo successo, incassava 250mila dollari al giorno, una somma gigantesca per l'epoca.

Anche la stampa francese è affascinata dalla vicenda. Il quotidiano economico. Les Echos mette sotto la lente lo schema Ponzi. Tutto nasce per approfittare di una «aberrazione commerciale tra l'Italia e gli Stati Uniti» sui tagliandi internazionali di risposta: per Ponzi è stato come vincere il jackpot, propone lo schema agli amici e gli investitori accorrono.

Storia emblematica delle false promesse della finanza
Particolarmente ispirato, il quotidiano francese Libération titola: «La piramide di Ponzi, una tecnica che risale agli Anni Folli». «Riconoscendo per la prima volta che il suo business si basava sulla menzogna, Bernard Madoff avrebbe, secondo il New York Times, dato subito la chiave del suo sistema: "Per riassumere, era un sistema Ponzi"». Libération ripercorre la storia di Ponzi. Rivendere i tagliandi postali di risposta «era perfettamente legale». E all'inizio il suo sistema funzionava. «I primi clienti sono soddisfatti e fanno il passaparola». «Charles Ponzi diventa milionario e celebre. Ma il suo successo folgorante desta sospetti. La stampa calcola che per potere offrire i rendimenti promessi, dovrebbero esistere 160 milioni di coupon. Invece ce ne sono in circolazione solo 27mila».

«Questa storia è emblematica delle false promesse offerte dalla finanza», commenta Libération. Numerose «piramidi di Ponzi» continua - «hanno prosperato nei Paesi dell'ex blocco sovietico che scoprivano il capitalismo. In Albania un sistema di banche piramidali è crollato nel 1997, causando sommosse che hanno fatto migliaia di morti. In Colombia, centinaia di migliaia di persone sono state truffate da società che promettevano denaro facile, rapido e liquido». L'affare Madoff dimostra che anche le più grandi banche possono essere colpite da sistemi del genere. E la crisi dei subprime è per certi versi, secondo il giornale, il risultato di un inganno in cui è caduto l'intero mondo della finanza.

16 DICEMBRE 2008

Redazione OnlineTutti i serviziI più cercatiPubblicità   -Fai di questa pagina la tua homepage
P.I. 00777910159 - � Copyright Il Sole 24 Ore - Tutti i diritti riservati   partners