MONDO

 
 
 
 
HOME DEL DOSSIER
Analisi
Cronaca
Storia
Audio e video

«Una nuova era di responsabilità»

commenti - |  Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci
21 Gennaio 2009
Barack e Michelle Obama al ballo dell'inaugurazione © AFP

WASHINGTON - In una straordinaria giornata di sole e di grandi emozioni che hanno superato di slancio le barriere razziali, Barack Hussein Obama, è diventato ieri il 44° presidente degli Stati Uniti d'America invocando «una nuova era di pace e di responsabilità», per il suo Paese, ma anche per il mondo intero. Subito dopo il giuramento, sulla stessa Bibbia che usò Abramo Lincoln, Obama, parlando dai gradini del Campidoglio ha chiesto al Paese di rievocare gli stessi valori di libertà, di opportunità, di speranza che hanno consentito a lui «figlio di un uomo che non poteva essere servito a un ristorante 60 anni fa, di poter essere davanti a voi per fare il giuramento più sacro».
In nome di quei valori, in un momento difficilissimo per un Paese afflitto da una grave crisi economica e da due guerre, il nuovo presidente ha teso la mano al mondo islamico, ha promesso uguaglianza all'interno, ha riservato parole dure per chi continuerà «a distruggere invece di costruire» e compassione per i più deboli, sia gli individui che le nazioni. «Il nostro Paese è in guerra contro una rete di violenza e di odio. La nostra economia è gravemente danneggiata, conseguenza dell'avidità e dell'irresponsabilità di qualcuno, ma anche del nostro fallimento collettivo nel saper fare scelte difficili e preparare il Paese per una nuova era». È stato questo forse il passaggio più forte e incisivo del suo discorso che ha poi elaborato analizzando sia l'importanza di un ruolo efficace ed efficiente dello Stato che quella di un ruolo incisivo, costruttivo e solido del mercato: «Oggi non dobbiamo chiederci se il Governo è troppo grande o troppo piccolo, ma se funziona, se aiuta le famiglie a trovare un lavoro e garantire una pensione con dignità». Se la risposta sarà negativa - ha detto - alcuni programmi cesseranno, ne saranno introdotti altri, in grado di «ristabilire la fiducia vitale fra il popolo e il suo Governo». Allo stesso modo - ha sottolineato Obama - «la questione non è se il mercato e una forza del male o del bene. Il potere del mercato nel generare benessere ed espandere la libertà non ha pari. Ma questa crisi ci ha ricordato che senza un occhio attento, il mercato può andare fuori controllo. Che una nazione non può prosperare quando favorisce solo chi sta già bene. Il successo della nostra nazione non dipende dalla dimensione del nostro prodotto interno lordo, ma da quanto diffusa è la nostra prosperità, non per fare la carità ma per il bene comune». L'amministrazione Obama dunque cercherà nuove regole e nuovi equilibri. Definisce chiaramente un obiettivo ambizioso che è allo stesso tempo post-reaganiano, ma anche post-rooseveltiano. Una sfida, che dovrà raccogliere e superare nei prossimi due anni.
Obama ha parlato davanti a una folla oceanica di quasi due milioni di persone, una folla che, dal podio presidenziale, si perdeva sull'orizzonte fino al monumento a George Washington e oltre. Una folla variopinta ed eccitata. Vicino a noi c'erano Puff Daddy, il musicista rap, e la cantate Bionce, c'era l'attore Denzel Washington e altre decine di afroamericani giunti nella capitale per celebrare per sempre la fine di una pagina di storia oscura, quella della schiavitù e della discriminazione razziale. Quando Obama ha cominciato a parlare, Puff Daddy e Denzel Washington si sono alzati, si sono spostati davanti al podio poco sopra di loro e sono rimasti in piedi per tutto il discorso, a rendergli commossi un discreto omaggio: «Un momento così non lo vivrò mai più - ci ha detto commosso Denzel Washington - è un momento che celebro in onore dei miei genitori e dei miei padri». Erano dei simboli, questo cantate e quest'attore, del crogiuolo razziale americano di religioni, di culture che Obama ha definito nel suo discorso come «una forza, non una debolezza. Visto che abbiamo conosciuto l'amarezza della guerra civile e della segregazione; che siamo emersi da un capitolo oscuro più forti e più uniti, non possiamo non credere che gli antichi odi un giorno passeranno; che le linee tribali presto si dissolveranno; che nel momento in cui il mondo diventa più piccolo, la nostra comune umanità sarà in grado di rivelarsi; e che l'America debba svolgere il suo ruolo per aprire una nuova era di pace».
È in questo contesto che Obama ieri ha preso atto che l'America dovrà fare di più ha teso la mano al mondo islamico per superare le incomprensioni, ma ha usato parole durissime per coloro che non accetteranno di lavorare all'obiettivo comune della pace e per chi potesse dubitarlo o dubitare della sua determinazione, ha difeso fino in fondo il modello americano di democrazia di mercato: «Non chiederemo scusa per il nostro modo di vivere, non faremo un passo indietro per difenderlo; a coloro che vogliono raggiungere i loro obiettivi con il terrore e il massacro di innocenti diciamo che il nostro spirito e più forte del loro e non sarà spezzato: non poterete durare più a lungo di noi. Vi sconfiggeremo».

RISULTATI
0
0 VOTI
Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci Condividi su: Facebook FacebookTwitter Twitter|Vota su OkNotizie OKNOtizie|Altri YahooLinkedInWikio

L'informazione del Sole 24 Ore sul tuo cellulare
Abbonati a
Inserisci qui il tuo numero
   
L'informazione del Sole 24 Ore nella tua e-mail
Inscriviti alla NEWSLETTER
Effettua il login o avvia la registrazione.
 
 
 
 
 
 
Cerca quotazione - Tempo Reale  
- Listino personale
- Portfolio
- Euribor
 
 
 
Oggi + Inviati + Visti + Votati
 

-Annunci-