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Due milioni per l'Obama day

di Marco Valsania

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20 Gennaio 2009

L'insediamento ufficiale, per Barack Obama, avverrà solo oggi, tra una folla di forse due milioni di persone convenuta a Washington e altri milioni che lo seguiranno da casa. Ma per gli afroamericani, che si sono mobilitati in numeri record per la sua elezione, il giorno per celebrare il 44esimo presidente degli Stati Uniti si è già consumato ieri, in occasione del Martin Luther King Day.
L'anniversario della nascita del grande leader dei diritti civili si è trasformato in una grande campagna di iniziative di quartiere, simbolo della missione più urgente di Obama, quella di ricostruire il Paese dalle macerie della crisi. Sotto la bandiera "Renew America together: a call to service", Rinnoviamo l'America assieme, un appello al servizio pubblico, sono decollati 12.100 progetti di volontariato, con oltre un milione di persone, il doppio dell'anno scorso. Il presidente eletto ha fatto appello alla mobilitazione per sconfiggere la crisi: «Il Governo - ha detto – non può fare tutto. Ora il Paese deve aiutarmi».
Un sondaggio di Cnn ha rivelato come sette su dieci afro-americani credano che con l'elezione di Obama sia stato raggiunto l'obiettivo di eguaglianza coltivato da King nel suo discorso "I have a dream", tenuto proprio a Washington. E Obama ha ricordato ieri l'impegno di King partecipando ai lavori di risanamento d'un centro di accoglienza per i giovani della capitale, la Sasha Bruce House. In serata, con spirito bipartisan, ha reso omaggio al servizio pubblico del suo vice Joe Biden, dell'ex avversario repubblicano John McCain e d'uno dei più noti leader afroamericani di questi anni, il generale Colin Powell.
La gravità della recessione e delle tensioni sulle strategie per superarla, però, tiene in ostaggio anche i sogni. E il neopresidente lo sa: per preparare il terreno alla partenza senza indugi dell'amministrazione, una ventina di suoi stretti collaboratori entreranno alla Casa Bianca in anticipo, mentre le cerimonie di insediamento sono ancora in corso. Il primo incontro al vertice, domani, è già stato convocato e riguarderà proprio l'economia. Obama sta cercando di accelerare il piano di spesa e sgravi fiscali da almeno 825 miliardi di dollari che dovrebbe aiutare la crescita e arginare una disoccupazione già salita al 7,2% in dicembre e destinata a raggiungere probabilmente il 10 per cento.
Per evitare ostacoli che lo danneggino nei cento giorni iniziali, quelli che segnano una presidenza, Obama ha deciso di lanciare un'aggressiva campagna di pressioni sul Congresso: il culmine potrebbe essere un discorso davanti al Congresso a Camere congiunte attorno al 23 febbraio, quando spera che il Parlamento abbia già votato il piano anti-crisi. Obama ha anche in preparazione una nuova fase di soccorsi per il sistema finanziario.
Quella economica non sarà l'unica agenda affrontata con urgenza: politica estera e sicurezza nazionale riceveranno altrettanta attenzione. Sempre nella prima giornata da presidente, Obama incontrerà lo stato maggiore delle forze armate per ridefinire la missione in Iraq. In gioco è la promessa elettorale di un ritiro delle truppe entro sedici mesi e di un rafforzamento della presenza in Afghanistan. Nella prima settimana, inoltre, il presidente dovrebbe nominare un inviato speciale per il Medio Oriente, forse Dennis Ross, già uomo di punta di Bill Clinton nella regione. Il neopresidente vorrebbe intervenire con determinazione sul processo di pace, nonostante nella sua squadra qualcuno preferisca approcci più cauti.
Emissario presidenziale in Afghanistan e Pakistan potrebbe diventare Richard Holbrooke, già ambasciatore all'Onu. Obama appare pronto a firmare rapidamente anche una serie di provvedimenti che ripudiano scelte dell'amministrazione uscente di George W. Bush nella lotta al terrorismo: dovrebbe ordinare la chiusura del carcere speciale di Guantanamo e l'esplicita messa al bando del ricorso alla tortura.
Ma sia sul fronte economico che di sicurezza nazionale, Obama è incalzato anche dalle incognite della politica. Non solo dalle obiezioni degli avversari, che lo incitano alla prudenza, ma da quelle degli alleati, che lo accusano di non voler fare abbastanza. Lo speaker della Camera, Nancy Pelosi, chiede l'eliminazione degli sgravi fiscali per i redditi più elevati voluti da Bush prima della loro scadenza nel 2010, una decisione che Obama preferirebbe evitare. E propone che il Congresso indaghi sugli scandali dell'amministrazione uscente, dalla tortura allo spionaggio domestico, mentre Obama vorrebbe archiviare il passato in nome di futuro.

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