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Operai inglesi contro gli italiani: ci rubano il lavoro. Il video

di Leonardo Maisano

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30 gennaio 2009
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Leggi l'articolo e i commenti degli operai inglesi

Uomini contro, sulle banchine dell'Humber, l'ampio estuario del Lincolnshire. Inglesi versus italiani per lavorare in una raffineria francese (Total). Ovvero, storia europea ricca di metafore in questa congiuntura che comincia a svelare la bava di rabbia dopo aver riempito la testa di parole. Da tre giorni centinaia di operai inglesi sfilano davanti alla raffineria di Lindsey, la seconda del Regno Unito con 200mila barili al giorno. Contestano l'arrivo degli italiani, dipendenti della Irem di Siracusa che ha vinto un'asta come sub contractor dell'americana Jacobs, chiamata da Total per costruire un impianto.

Novantatre anime del Mezzogiorno mandano il sangue alla testa delle Trade Union inglesi, d'improvviso riemerse dal letargo ordinato da Margaret Thatcher, pronte a sventolare l'improbabile bandiera del "nazionalismo proletario". «No, non è così - spiega Bernard Mcauley leader locale di Unite il sindacato più attivo - noi contestiamo un'altra cosa. Manovali stranieri, italiani e portoghesi, sono qua per fare un lavoro che avrebbe potuto svolgere la comunità locale.

L'asta è stata vinta dall'impresa italiana (contro cinque inglesi Ndr) è vero, ma devono impiegare personale della zona. Abbiamo perso cinquecento posti in questo fazzoletto di terra nel solo mese di dicembre. E invece sfruttano gli stranieri. Oggi sono 93, ma ne arriveranno 400. Li fanno dormire in quattro in una stanza, li portano in cantiere al mattino, li riportano a pranzo a casa, poi ancora in cantiere fino a sera. E poi non li fanno uscire». Ci dà dentro con le tinte forti il battagliero Bernard, ma sulla previsione di quanto accadrà potrebbe anche prenderci. Mercoledì erano trecento i dimostranti, ieri novecento. «Lunedì arriveranno delegazioni da tutta l'Inghilterra in segno di solidarietà».

A Grimsby, 87mila anime, maggior centro della contea, la notizia sta facendo rumore. Sul Telegraph, testata locale, la protesta lievita e perde ogni pudore. «Quanto sta succedendo darà la sveglia a questo Governo e metterà fine all'invasione di stranieri a prezzi di saldo...» scrive Mick al sito del giornale. «Non c'è lavoro per noi inglesi e ci tocca darlo a questi immigrati...» replica JB, madre di un sedicenne che teme essere destinato a sicura disoccupazione. «Non è vero che si tratta di un lavoro specialistico, lo potrebbero fare maestranze britanniche» insiste Fred manager, fra l'altro, del progetto di rinnovamento della raffineria.

Voci di un mondo globale che si risveglia piccolo piccolo, chiuso com'è nel particolare di un salario bruciato dalla crisi. Umano, fin troppo umano.

Eppure, la crepa nel modello di sviluppo che la Gran Bretagna ha contribuito a esportare è profonda, è dolorosa. «È semplicemente ingiusto che sia negato il lavoro a chi paga le tasse. Per darlo ad altri» conclude Bernard. La crisi come un binocolo rovesciato cambia la percezione del mondo, in Inghilterra.

Resta da capire l'effetto che fa, in Italia, scoprire che sulle banchine dell'Humber gli "immigrati" torniamo a essere noi.

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