MONDO

 
 
 
 
HOME DEL DOSSIER
Analisi
Cronaca
Storia
Audio e video

Il sogno dell'America e il disincanto dell'Europa

di Piero Ignazi

commenti - |  Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci
20 Gennaio 2009

Il neo-presidente Barack Obama ha convinto gli americani muovendosi su due assi diversi ma convergenti: un programma in cui risuonassero echi del passato, dal New Deal rooseveltiano alla nuova frontiera kennediana, insieme a suggestioni originali su come affrontare il nuovo millennio; e la forza evocativa della sua personalità. Senza quelle doti di comunicatività e di autocontrollo, di immaginazione e di realismo, di competenza e di slancio, il progetto di Obama sarebbe rimasto nell'empireo dei buoni propositi.
Invece, il suo tratto personale ha fornito il reagente necessario affinché si materializzasse l'auspicio del "we can". Quando si realizzano entrambe queste condizioni - profonde innovazioni programmatiche e personalità forti e "ispirate" - la politica produce un cambio di passo. Gli Stati Uniti lo hanno sperimentato più volte anche perché il sistema presidenziale esalta le qualità (o i difetti) del candidato e dell'eletto. Inoltre i partiti, nella competizione presidenziale, adottano un basso profilo. I presidenti diventano il veicolo sul quale gli elettori, più che nei regimi parlamentari, caricano sogni e speranze. La personalità gioca quindi un ruolo preminente. Su questo terreno Obama si distacca da tutti gli altri presidenti del dopoguerra, anche da John Kennedy. Kennedy era il rampollo di una potente e ricchissima famiglia e aveva il solo "difetto" di essere cattolico. Obama invece proviene da una famiglia modestissima e frantumata (e in questo è paragonabile a Bill Clinton). Tutto quello che Obama ha ottenuto lo ha conquistato solo grazie a sé stesso - e ad un sistema che premia il merito. La sua carriera politica poggia su un brillante curriculum universitario.
Obama condivide con Clinton questo percorso ad ostacoli che le pessime condizioni di partenza avevano preparato per loro. E come lui, li ha superati grazie alle sue doti personali. Ma in più, ed è una differenza di magnitudo, Obama aveva l'handicap del colore della pelle. Eppure l'America ha avuto la forza di osare l'inaudito, di eleggere un nero alla presidenza. Perché l'inaudito scacciava i fantasmi della grande crisi. Perché l'inaudito rappresentava l'unico modo per riaccendere la speranza. Perché l'inaudito faceva ancora sognare, faceva pensare che l'America fosse sempre quella terra "promessa e benedetta" in cui tutto è possibile. E Obama per la sua storia, oltre che per il suo messaggio, incarnava questo sogno. Anzi, parafrasando McLuhan, Obama "era" il messaggio. Un messaggio di rinnovamento e speranza.
Nessuno nelle democrazie europee può vantare la stessa investitura. I grandi entusiasmi, l'identificazione miracolistica in un leader fanno parte del passato. Bisogna tornare a personaggi del calibro del generale De Gaulle o di Willy Brandt per trovare un sentimento analogo. Nonostante la personalizzazione della politica il fascino esercitato dalle personalità è diminuito. La politica europea logora più in fretta i suoi leader: nei sistemi politici continentali i partiti esercitano ancora un ruolo determinante. Ma al di là dei meccanismi istituzionali, sono troppo diverse le due società, quella europea e quella americana.
In quella europea nessun figlio di immigrati, per di più nero, a poco più di quarant'anni ha la minima chance di diventare un leader politico di prima grandezza. La storia millenaria di ciascun Paese reclama radici e identità. E pone forche caudine agli ultimi arrivati. Basti vedere qual è il trattamento riservato alle ultime ondate migratorie. Solo la Francia fa eccezione. Perché i transalpini condividono con gli americani un ideale universalistico e un senso di missione; quindi si ritengono capaci di accogliere chiunque in nome dei principi universali della Rivoluzione. Anche la Francia ha eletto un presidente, Nicolas Sarkozy, con una genealogia diversificata, ma le sue origini sono rimaste una curiosità, senza diventare un fatto politico. La sua figura non annunciava un "nuovo inizio", non creava un meccanismo di identificazione. E soprattutto non accendeva la speranza di arrivare al vertice partendo da zero. In Francia come in tutta la vecchia Europa non solo sono bloccati gli ascensori sociali, ma anche quelli politici. Ne conseguono rassegnazione e disincanto: che uccidono i sogni. Oggi l'Europa è più lontana di prima dall'America. L'America di Obama è più lontana di quella di Bush. Adesso, oltreoceano, hanno un sogno. Noi no (e l'unico che avevamo, l'Europa unita, è stato affossato da tempo).

RISULTATI
0
0 VOTI
Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci Condividi su: Facebook FacebookTwitter Twitter|Vota su OkNotizie OKNOtizie|Altri YahooLinkedInWikio

L'informazione del Sole 24 Ore sul tuo cellulare
Abbonati a
Inserisci qui il tuo numero
   
L'informazione del Sole 24 Ore nella tua e-mail
Inscriviti alla NEWSLETTER
Effettua il login o avvia la registrazione.
 
 
 
 
 
 
Cerca quotazione - Tempo Reale  
- Listino personale
- Portfolio
- Euribor
 
 
 
Oggi + Inviati + Visti + Votati
 

-Annunci-