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Verso il vertice di Bruxelles: gli anelli deboli dell'area euro

di Carlo Bastasin

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28 febbraio 2009

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«Continueremo a dimostrare solidarietà – ha dichiarato giovedì la cancelliera Merkel – ma il vertice di domenica dovrà essere utilizzato per imporre ai Paesi in difficoltà una valutazione onesta della loro situazione». Tutti gli occhi sono puntati sulla Grecia. Mentre l'Irlanda sta reagendo con forti misure di controllo dei conti, seppur tra le proteste di piazza, il Governo greco sta mettendo in atto una politica economica pericolosa di espansione indiscriminata delle spese correnti. Il Governo di Atene è sotto pressione per le prossime elezioni in cui l'opposizione parte avvantaggiata. Manifestazioni di piazza hanno bloccato il Paese a dicembre e il Governo sta rispondendo con politiche populiste. Il deficit fiscale sta crescendo, quello delle partite correnti è pari al 14% del Pil e il governatore greco parla di «seri pericoli».

In tali condizioni, il salvataggio europeo dovrebbe essere accompagnato da vincoli esterni alle scelte del Governo greco. Ma nella zona euro non esiste un quadro politico all'interno del quale una tale responsabilità sovrana può essere sottratta ai Governi nazionali. Il Patto di stabilità è stato depotenziato e non è comunque mai stato efficace nel controllare la qualità delle politiche né la veridicità delle cifre fornite da Atene, sulle quali crescono dubbi a cui ha dato voce la stessa Merkel. Nonostante i richiami di Trichet e Almunia il Governo prevede tuttora una crescita dell'1,1% nel 2009 contro lo 0,2% stimato da Bruxelles.
Il presidente della Bundesbank, Axel Weber, ha preannunciato «un aiuto condizionato» ai Paesi in difficoltà: «non ci saranno assegni in bianco». Ma in Europa il ruolo di condizionamento delle politiche nazionali non potrà che spettare a un organismo politico. La Francia vorrebbe che fosse l'Euro-consiglio, cioè i capi di governo dei Paesi dell'euro, mentre la Germania finora aveva privilegiato la Commissione. Tra le condizioni a Grecia e Irlanda si ipotizzano controlli più attivi sulle leggi di bilancio, sulle riforme e sulle politiche salariali, nonché impegni ad armonizzare il fisco evitando pratiche dannose per i Paesi vicini. Si tratterebbe di passi cruciali verso il governo economico della zona euro. Il coordinamento crescerà negli anni futuri quando tassi d'interesse in rialzo renderanno problematico finanziare il debito di molti paesi, Italia inclusa.

Fino a che Atene e Dublino non daranno garanzie di assecondare le condizioni, la promessa di salvataggio resterà in dubbio, gli oneri finanziari per tutti i Paesi a rischio resteranno elevati e la crisi resterà una minaccia incombente su tutta l'area. Ecco dunque il bivio da cui eravamo partiti: da un lato più integrazione politica tra i Paesi dell'euro, dall'altro il rischio di fallimento dei Paesi più fragili e, a catena, anche di quelli più saldi. Già domani alla fine del vertice europeo si saprà più chiaramente verso quale delle due strade ci stiamo incamminando.

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