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Liechtenstein: si dimette il capo del Governo

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8 febbraio 2009



Il capo del governo del Liechtenstein Otmar Hasler si è dimesso dopo la sconfitta elettorale odierna della sua formazione politica, il Partito borghese progressista (FBP). Nuovo "primo ministro" del Principato dovrebbe diventare Klaus Tschütscher, leader del partito vincitore, l'Unione patriottica (VU). Hasler, alla testa dell'esecutivo da otto anni, ha dichiarato oggi a Vaduz di non essere più a disposizione e di voler lasciare il posto ad altre forze.
I risultati, ancora parziali, nell'elezione del parlamento (Landtag) di 25 deputati, indicano che la Fortschrittliche Bürgerpartei (FBP) perde voti in tutto il Principato a favore del partito rivale, la Vaterländische Union (VU). Perde terreno anche la Lista libera (FL) verde-alternativa. L'FBP è la forza dominante nella legislatura di quattro anni giunta a termine, con 12 seggi, contro i 10 della VU e i 3 della FL.
Nel Liechtenstein le elezioni parlamentari influiscono molto più che in Svizzera sulla formazione del governo di coalizione di cinque membri, eletto dal Landtag. Al partito più forte spettano infatti il capo del governo e due altri membri dell'esecutivo, al secondo partito il vicecapo del governo e un altro membro dell'esecutivo.
Lo scorso dicembre, Hasler e Leigh Larter, ambasciatrice Usa, hanno firmato un accordo secondo cui, dal 2010, il Liechtenstein sarà tenuto a fornire agli Stati Uniti informazioni su casi sospetti di frode e di sottrazione fiscale. E nell'occasione, l'Esecutivo del Principato si era impegnato a presentare al suo Parlamento le nuove norme nel corso del 2009, così da poterle applicare a partire dal 2010. La vittoria dell'Unione patriottica, secondo gli analisti, non dovrebbe cambiare però di molto la strategia di apertura intrapresa nei mesi scorsi. In cambio della futura approvazione degli standard internazionali sullo scambio di informazioni fiscali, del resto, Vaduz chiede che l'Unione europea metta mano agli accordi sulla doppia imposizione fiscale. L'unico modo per supportare le esportazioni del piccolo Stato liberandolo così dall'isolazionismo che lo caratterizza da sempre.

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