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Paesi dell'Est, vertice separato

di Vittorio Da Rold

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20 Febbraio 2009

Resuscita la "Cortina di ferro" proprio in seno a un vertice della Ue? Sembra proprio di sì, perché la crisi morde più forte proprio nei Paesi dell'ex Patto di Varsavia ad appena venti anni da quando l'Europa venne riunita nel 1989. A prendere la clamorosa iniziativa è stato il premier polacco Donald Tusk, che ha sostenuto l'esigenza di un pre-summit della Nuova Europa (con Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia, Slovenia, Romania, Bulgaria, Lituania, Lettonia ed Estonia) per fare fronte comune al vertice Ue anti-crisi in agenda per il prossimo primo marzo a Bruxelles.

Una riunione che alla Ue ufficialmente trattano come evento fantasma, ma per cui la Polonia indica i punti in agenda: piano anticrisi ad hoc per l'area ex comunista, lotta al protezionismo (vedi aiuti francesi all'auto legati alla tutela dei posti in patria che danneggiano gli investimenti nella Repubblica Ceca, presidenza di turno Ue), libertà di circolazione per i lavoratori dell'Est.

Ad accelerare l'esigenza di una riunione tra i Paesi ex comunisti è l'aggravarsi della crisi che ha colpito le valute locali, le tentazioni protezionistiche di alcuni Paesi della "Vecchia Europa", l'allarme lanciato dalle seppure "screditate" (visto il silenzio sui subprime) agenzie di rating internazionali sulle banche esposte nell'Est Europa. Ma il punto focale del summit ristretto (da tenersi la mattina, prima della riunione ufficiale) è sostenere l'esigenza di un piano di aiuti da 150 miliardi di euro sostenuto dall'Austria, con il sostegno dell'Fmi, che Vienna intende mettere sul piatto del vertice dei 27.

Ciò che si teme sono le difficoltà nel collocamento dei titoli pubblici, vista la massa di emissioni di cui hanno bisogno gli Stati per fronteggiare le scadenze e l'aumento del debito dovuto alla crisi, come hanno già dimostrato le difficoltà incontrate dalle aste dei titoli dalla Slovenia.

Un'altra preoccupazione dei nove Paesi della Nuova Europa è «di assicurarsi che la risposta della Ue alla crisi sia per tutti i 27 Paesi membri e non solo per alcuni Stati», ha commentato il ministro polacco per gli Affari europei Mikolaj Dowgielewicz, astro nascente della scena politica a Varsavia.

Vero è che sull'incontro pesa ancora la mancata conferma della Commissione europea, che non è a conoscenza di un invito allargato al presidente della Commissione José Manuel Barroso. Al contrario invece è ben informata la presidenza di turno ceca, che è a «conoscenza dei preparativi per una riunione allargata del "Gruppo di Visegrad"», ha spiegato una fonte diplomatica, riferendosi al gruppo che riunisce periodicamente Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria dagli anni '90.

L'iniziativa della Polonia (Varsavia ieri, con gesto inusitato che spiega la gravità della situazione, non ha esitato a mettere sul mercato una parte dei 3,2 miliardi di euro del fondo strutturale europeo per sostenere lo zloty), è stata accolta con favore dalle tre Repubbliche baltiche, tra le più colpite dalla crisi.

Intanto la mossa degli ex Paesi del Patto di Varsavia sembra aver ottenuto i primi risultati: ieri per la prima volta la Germania si è impegnata a contribuire a un rafforzamento finanziario del Fondo monetario internazionale se la situazione nell'Est Europa lo renderà necessario. «La Germania non si rifiuterà, se necessario, di sostenere il Fondo monetario internazionale», ha detto la Merkel proprio dopo un incontro con il presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso.

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