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Ue all'attacco del «Buy American»

dal corrispondente Mario Platero

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4 FEBBRAIO 2009
VIDEO / La protesta dei sindacati Usa: «Gli stranieri ci rubano il lavoro»

La misura protezionista americana «Buy American», inclusa nel pacchetto di stimoli da 819 miliardi di dollari, ha dimostrato ieri quanto sia facile e pericoloso il passaggio dalla crisi finanziaria ed economica a una guerra commerciale.
La Camera Usa, nella sezione 1110 del progetto di stimoli per l'economia, prevede infatti che l'ergoazione dei fondi federali per progetti infrastrutturali che debbono rilanciare occupazione e crescita in America sia legata all'acquisto di acciaio e ferro prodotti «Made in Usa». Lo stesso progetto di legge in discussione al Senato prevede restrizioni ancora più forti e prevede che ogni dollaro stanziato per combattere l'emergenza utilizzi prodotti americani. Misure queste che hanno raccolto ieri reazioni durissime sia dall'Unione europea che dal Canada. La minaccia è di una denuncia alla Wto contro gli Stati Uniti: «Se la misure americane che saranno approvate dal Senato e approvate dal presidente Obama risulteranno in violazione degli accordi generali per gli appalti (General Procurement Agreement, Gpa), firmate dagli Usa, allora dovremo considerare una denuncia alla World Trade Organization » ha dichiarato Peter Power, un portavoce della Commissione.

Di fronte a questa reazione così decisa da parte della Ue, già ieri gli Usa hanno smorzato i toni. In serata il presiente Barackk Obama in persona ha detto in un'intervista tv che «il pacchetto di stimoli al vaglio del Senato non dovrebbe essere usato per mandare un messaggio protezionista». Il presidente, tuttavia, non ha chiarito se la controversa dicitura «Buy American» debba essere eliminata del tutto dal progetto di legge. Ci si aspetta tuttavia a questo punto un ammorbidimento della misura in Senato. Tanto più che sempre ieri il capo della maggioranza democratica alla Camera Steny Hoyer, che aveva votato per il pacchetto, ha dichiarato che «le preoccupazioni europee sono giustificate».

Di certo il tempo stringe. Già ieri mattina infatti si registrava una escalation: il ministro del Tesoro francese Christine Lagarde ha detto che il Governo sta valutando la possibilità che una parte dei fondi stanziati per aiutare il settore dell'auto in Francia sia legata all'uso di fornitori dell'indotto francese.

L'annuncio ha gettato nella più profonda costernazione i funzionari della Commissione nel momento in cui cercavano di portare l'America a più miti consigli. Bruxelles si è trovata dunque costretta ad aprire anche un fronte interno.
Il commissario per la Concorrenza Naalie Kroes incontrerà oggi in Francia il ministro dell'Industria Luc Chatel. Con una recriminazione: Bruxelles non era stata informata delle intenzioni francesi e Parigi dovrà comunque rispettare gli accordi interni per la concorrenza. Fonti governative francesi hanno detto che rispetteranno gli accordi interni, ma hanno anche sottolineato che gran parte della forza lavoro del settore automobilistico, calcolata in 2,5 milioni di persone, dipende dall'indotto.

Una situazione molto complessa dunque, perché comporterà un forte braccio di ferro interno oltre che internazionale. La posizione del Congresso americano ha l'impronta chiarissima del sindacato, deciso a difendere l'integrità e l'obiettivo di rilancio dell'occupazione americana ad ogni costo e su ogni fronte.

Proprio ieri circolava su Internet un preoccupante video prodotto dalla Coalition for American Workers violentemente anti immigrazione.
Le critiche europee hanno tuttavia trovato degli alleati improbabili nella grande industria statunitense e in un gruppo di senatori repubblicani, guidati da Mitch McConnell, decisi a far sparire la misura dalla proposta di legge finale.

Fra le aziende che si sono esposte figurano alcune importanti multinazionali come la General Electric e la Caterpillar. Entrambe hanno scatenato le loro lobby a Washington per convincere i parlamentari americani a cambiare idea.

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