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Una governance da riequilibrare
In ogni caso, quella di Williamson è la prova di una governance che per qualcuno deve essere riequilibrata, come rileva anche Famiglia Cristiana nell'ultimo editoriale. Un altro caso portato ad esempio è quello della mancata visita del Papa all'Università La Sapienza di un anno fa. In quella vicenda fu chiaro che dentro il Vaticano c'erano due anime: chi voleva gestire la trattativa senza strappi e chi, nella destra ecclesiale, spingeva per addossare al Governo di centro-sinistra la responsabilità delle proteste. Sappiamo com'è andata.
L'altro incidente fu il discorso di Ratisbona il 12 settembre 2006: forse complice il cambio della guardia alla Segreteria di Stato (ma pare che Sodano avesse avvertito dei rischi) il discorso di Ratzinger fu interpretato come un attacco all'Islam, provocando problemi con il mondo musulmano che ancora oggi via via riaffiorano. Il Papa voleva dire l'opposto di quello che fu percepito al momento, ma si sa che nella società della comunicazione, tutti – e soprattutto questo vale per chi svolge un servizio per sua stessa definizione "universale" – sanno che un discorso vale per come viene recepito e non per le intenzioni di chi lo ha pronunciato.
Conservatori contro progressisti
Sulla sfondo resta dentro la Chiesa tutta, al di là delle appartenenze ai filoni canonista e diplomatico, la storica dicotomia tra progressisti e conservatori con al centro il dibatto sul Concilio, quanto mai vivo dopo il caso dei lefebvriani, e le varie questioni sul tappeto, dagli immigrati alle moschee. I progressisti innalzano sempre il vessillo del cardinale Carlo Maria Martini - eredità oggi raccolta da Dionigi Tettamanzi - mentre quelli che vengono indicati come esponenti della "linea dura" sono qua e là identificati in gruppi sparsi tra Curia (da poco è stato nominato al Culto divino lo spagnolo Antonio Canizares, detto anche il "piccolo Ratzinger") ed episcopato, come il bolognese Carlo Caffarra o il torinese Severino Poletto.