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Primo, far ripartire gli impianti

di Davide Tabarelli

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23 maggio 2009

L'Italia, con circa 190 milioni di tonnellate di petrolio equivalenti (Mtep) all'anno, è uno dei primi consumatori di energia del pianeta, cosa che le permette di essere anche un grande paese industrializzato all'interno del G-8. Purtroppo, ha pure poco invidiabili primati nell'energia: è il paese che più dipende da importazioni dall'estero con circa l'86% dei consumi finali; è quello che meno ha fatto nel tentativo di ridurre questa dipendenza; è il paese che ha prezzi dell'energia, in particolare dell'elettricità, in assoluto più alti, con le nostre aziende che pagano prezzi intorno ai 14 €cent/kwh, contro una media europea di 10 €cent; ciò è dovuto anche al fatto che produce più del 50% della sua elettricità impiegando gas importato, i cui prezzi sono legati a quelli instabili del petrolio. Per tutte queste ragioni, l'Italia è il posto migliore dove dibattere di politiche energetiche, per altro in tempo di crisi. Da questa occorre partire per riflettere sul forte calo dei consumi d'energia che si sta verificando in tutto il mondo e che ci ricorda come crescita economica e domanda d'energia siano fortemente legate, nonostante decenni di tentativi per disaccoppiarle. Una volta che l'economia riprenderà, anche da noi la richiesta energetica tornerà a salire, riportando a galla i consueti problemi e i forti ritardi con gli impegni presi in sede internazionale circa la riduzione dei gas serra.
Proprio la crisi offre l'occasione per facilitare o rafforzare le politiche energetiche. Il sostegno che i governi devono garantire alle proprie economie con politiche espansive trova nei settori energetici abbondanti occasioni d'intervento. Il caso tipico è quello delle fonti rinnovabili: l'Italia, per gli obiettivi europei, in 10 anni dovrebbe raddoppiare la sua produzione di elettricità da rinnovabili verso i 100 miliardi di kwh, sforzo enorme che necessita di forte sostegno, fra cui anche quello finanziario. Sul risparmio energetico, l'Italia da tempo è fra i paesi più efficienti, per il fatto che l'energia da noi è sempre costata cara, ma spazi per miglioramenti ce ne sono ancora nei motori dell'industria e negli edifici. Senza scomodare seducenti concetti da green economy, obblighi di miglioramento dell'efficienza favoriranno investimenti, e occupazione, in settori dove noi non dobbiamo proprio partire da zero. Vale ricordare che l'efficienza dei motori diesel sviluppati in Italia è l'elemento più importante per la Fiat nel tentativo di salvare la Chrysler.
Uno dei principali ostacoli alle politiche energetiche in passato è stata l'impossibilità del fare, per l'ostilità delle popolazioni alle infrastrutture energetiche. La crisi potrà essere l'occasione per superare tale ostacolo, senza svendere l'ambiente, ma cercando, e finalmente trovando una soluzione che dia benefici, non solo monetari, alla gente che vive vicino agli impianti. Le nostre imprese energetiche da anni cercano di effettuare grandi investimenti, dell'ordine di decine di miliardi di euro, ma sono bloccate per l'impossibilità di ottenere le autorizzazioni. Queste riguardano nuove centrali elettriche, anche a carbone, mentre per i prossimi anni dovrebbero esserci quelle nucleari: carbone e nucleare ridurranno la nostra dipendenza da gas importato.
Visto che però il gas rimarrà comunque importante a lungo, almeno dovremmo cercare di diversificarne la provenienza, realizzando finalmente un altro paio di rigassificatori, oltre a quello in completamento al largo di Rovigo a cui aggiungere anche qualche nuovo gasdotto. Investimenti enormi poi sono fermi nella produzione di gas e petrolio in Italia: paradossale che dipendiamo per il 75% dei nostri consumi di energia da petrolio e gas, ma non riusciamo a produrre quel po' che abbiamo sottoterra in Italia, peraltro dopo aver sviluppato tecnologie d'avanguardia nel rispetto dell'ambiente. Il percorso è obbligato e chissà che la crisi non ci porti finalmente qualche risultato nelle politiche energetiche.

23 maggio 2009
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