«Sensibilizzare non basta. Bisogna proteggere la donna». È l'appello rivolto dalla vicesegretaria generale del Consiglio d'Europa Maud de Boer Buquicchio ai ministri della Giustizia europei che si riuniscono il 18 e il 19 giugno a Tromsø, in Norvegia.
Al centro della Conferenza, infatti, ci sarà il delicato problema delle violenze domestiche e sulle donne. Argomento di difficile chiarezza perché coperto dalla cortina dell'intimità e della paura. A questo proposito de Boer Buquicchio chiede una «nuova Convenzione europea dei diritti umani», perché complici della piaga della violenza domestica sono anche «la legislazione carente» e «l'indifferenza della società».
Secondo i dati raccolti dal Consiglio d'Europa, nella Ue una donna su quattro subisce violenze fisiche almeno una volta nella vita da adulta; quasi la metà si imbatte prima o poi in una violenza, il più delle volte da parte del partner; più del 10%, inoltre, è vittima di abusi sessuali. Già nel 2005 gli Stati membri del Consiglio d'Europa avevano trovato un accordo che prevedeva una campagna di sensibilizzazione pubblica al problema. La campagna, condotta in collaborazione con governi nazionali, istituzioni internazionali e Ong - afferma il Consiglio d'Europa - ebbe un forte impatto sulla società.
La vicesegretaria generale, nell'appello indirizzato ai ministri europei, richiama l'attenzione su una storia esemplare dell'azione delle istituzioni. Nel 2002 una donna turca, Nahide Opuz, si era rivolta alla Corte europea per i Diritti dell'Uomo.
Nahide era scappata dal marito che per 10 anni aveva seviziato lei e sua madre. Per le violenze l'uomo era stato condannato solo una volta a una multa di 385 euro, quando aveva accoltellato la moglie. Le donne esasperate avevano trovato una via d'uscita solo nella fuga, ma il marito di Nahide le aveva scoperte e nello scontro aveva ucciso la suocera. Per quel delitto l'uomo era stato condannato in primo grado all'ergastolo, ma rilasciato in attesa dell'appello.
A giugno di quest'anno la sentenza storica della Corte europea per i Diritti dell'Uomo: le autorità turche hanno violato gli articoli 2 (diritto alla vita), 3 (divieto della tortura e pene degradanti) e 14 (discriminazione, in questo caso sessuale) della Convenzione europea, non avendo protetto né Nahide né la madre dalla violenza continua. Per i danni subiti la Corte ha stabilito un indennizzo equivalente a 36.500 euro da parte della Turchia. In questo modo la Corte ha stabilito che la violenza contro le donne costituisce una forma particolare di discriminazione.
«Le donne continuano a essere vittime dell'indifferenza della società - conclude de Boer Buquicchio - e ci sono uomini che considerano la donna come un oggetto di cui disporre. Ma, oltre a superare questa mentalità, è necessario soprattutto cambiare le leggi».