«Assolutamente mai». Quando Neil Ashman ha pronunciato queste parole la tragedia di sua moglie Catherine Bailey, 41 anni, suicida per l'esplodere di quel male oscuro che fa di una vita una quotidiana condanna all'esistenza, gli deve essere apparsa ancora più ingiusta. Mai aveva capito che Catherine era depressa fino al punto da meditare di togliersi la vita. «No, non ci sono stati avvertimenti», ha spiegato, poco prima che il giudice Alison Thompson scrivesse suicidio sulle cause della morte di quella donna trovata annegata nel Tamigi. Causato, ha aggiunto il magistrato, da una «sindrome di depressione post natale». E non solo.
La Bailey aveva tre figli, l'ultima nata di appena sei mesi, mentre Ruby e Inez, di 4 e 5 anni, non rinunciavano di buon grado alle attenzioni della mamma. La volevano come tutti i bambini e, a loro, nel messaggio inviato al marito ha rivolto l'ultimo pensiero. «Richmond. Mi dispiace. Baci grandi. Tutto il mio amore a te e alle bambine». Poche parole per annunciare il suo gesto e indicare dove si sarebbe uccisa, a Richmond appunto, periferia occidentale di Londra. S'è buttata lì, incapace di vivere l'esistenza spezzata che ti impone l'essere madre, moglie, professionista di successo.
Catherine, benestante e sposata con un medico di fama, era partner di SJ Berwin, law firm conosciuta nella City e colpita duramente, come tutti gli studi legali che si occupano di business, dalla crisi. Quaranta giovani avvocati erano stati mandati a casa e la retribuzione media di un partner era passata dalle 800mila sterline del 2008 alle 400mila di quest'anno. In compenso le ore di lavoro, per chi come lei è specializzato sulle dispute relative alle regole dei mercati, non erano certo diminuite: in studi del genere la media è di 60 ore alla settimana, week-end e feste comprese. E Catherine non ha retto la pressione di un mondo che chiede di esserci sempre e di esserci per tutti.
Un sistema che il terzo parto ha mandato in corto circuito. Si è eliminata in silenzio, senza lanciare un solo avvertimento. «Assolutamente mai».