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Un anno gratis con gli scarti

dall'inviato Leoanrdo Maisano

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21 luglio 2009

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Se Gudrun è stata la scoperta, il clochard Spider, con una tela di ragno tatuata in faccia, è stata l'illuminazione: «Ci siamo incontrati nel supermercato Sainsbury's: quando gli ho fatto presente che non volevo prendere cibo utile ai mendicanti, lui mi ha risposto "Hey mate..., ma tu non capisci. Se tutti gli homeless del paese dovessero venire a sfamarsi qui ci sarebbe ancora molto cibo per te"». Era vero, e non solo in quel Sainsbury's o da Sainsbury's in quanto tale. È per tutti così. La verità è che i manager dei supermercati in quegli anni non erano affatto interessati al cibo che si buttava via. E oggi? «La situazione è un po' migliorata, ma nel mio libro porto l'esempio di una recentissima spesa di successo, non come quella mediocre fatta insieme. In un Waitrose ho trovato: 28 pasti pronti - da chicken tikka a lasagne - 83 yogurt, 16 paste, sei meloni, 223 frutti vari, 23 brioche, una torta al cioccolato, sei pacchi di patate, 18 forme di pane.

Quello del pane è un dramma. I produttori dei panini di Marks & Spencer eliminano le due croste e le prime fette dopo le croste di ogni pane a cassetta. Migliaia di pezzi ogni giorno».
Il caso britannico, sul quale il libro si diffonde maggiormente, non deve fuorviare: è una realtà che si moltiplica, per ragioni quasi analoghe, ben oltre i confini del Regno. Per Tristram Stuart accade ovunque, anche in Italia. «Nelle sole abitazioni del Regno Unito il governo ha calcolato che si getta via un quarto del cibo acquistato. Cibo vero, non bucce di banana o avanzi non commestibili. Sono 5,4 milioni di tonnellate all'anno. Si parla di una media di 112 chili a persona. In America 96 anche se, calcolato con un metodo diverso che ridurrebbe, qualora applicato al Regno Unito, lo spreco britannico a 70 chili. In Italia ho ipotizzato 73 chili, ma sulla base di quanto è stato recuperato dalle pattumiere di un campione di case in alcune aree del nord del paese. È difficile dire, in questo caso, quanto cibo fosse davvero commestibile, resta un'indicazione. Quando studiavo a Firenze battevo i supermercati con lo stesso successo di Londra».

Sulle ragioni dello spreco Tristram Stuart mette in fila varie motivazioni: «Limitandoci a considerare i supermercati, pesano una serie di fattori. Nessuno vuole vedere scaffali semivuoti e l'abbondanza della merce è considerata dai manager essenziale; è più semplice eliminare piuttosto che pianificare il riciclaggio; è più economico per un supermercato avere più cibo ed eventualmente gettarlo piuttosto che non averne; è opinabile la capacità di programmazione dei quantitativi necessari». E prosegue: «Un elemento che contribuisce parecchio allo spreco sono le offerte "prendi tre, paghi due": compri ciò che non ti serve e finisce che il consumatore cestina l'eccedenza. Se acquistassi una cosa a prezzo ridotto sarebbe molto meglio. In Inghilterra ogni anno, finiscono in discarica 480 milioni di yogurt mai aperti».

Resta da capire perché al macero e non a favore dei meno abbienti, degli anziani bisognosi, del mondo delle charity. FareShare, l'unica organizzazione britannica che si occupa di recuperare gli scarti dei supermercati ponendosi in concorrenza diretta con le discariche, ritiene che il motivo principale sia, come dice la portavoce Maria Olsen, «la difficoltà da parte della grande distribuzione di integrare politiche del genere nel proprio modello di business».

Come dire: è più semplice buttare via, senza curarsi di quanto si appesantisce l'ecoinsostenibilità del sistema. «Se le mie raccomandazioni - aggiunge Stuart - fossero accolte si recupererebbe un terzo della produzione alimentare del pianeta». Qualcuno lo ascolta se è vero che Sainsbury's ha portato a 6.600 le tonnellate di cibo che riesce a dirottare ai più bisognosi. L'inizio di un nuovo corso? La strada è lunga e, prima dei supermercati, incrocia la produzione, l'industria e le cattive abitudini dei consumatori.

Tristram fa la sua parte da quindici anni. Per amore di Gudrun e, per la cronaca, senza mai essersi preso neppure un legittimo mal di pancia.

leonardo.maisano@ilsole24ore.com

21 luglio 2009
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