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Un giornale aperto: il segreto dell'Unità

di Eugenio Bruno

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22 luglio 2009


Forse ci voleva una guida "rosa" per riportare il segno più in casa Unità. Oppure serviva un direttore esponente della «generazione sandwich» come si autodefinisce la stessa Concita De Gregorio. Fatto sta che da quando l'ex firma di Repubblica ha preso le redini del quotidiano fondato da Antonio Gramsci i risultati sono arrivati: oltre 53mila copie vendute a giugno, con un aumento del 24,9% rispetto allo stesso mese dell'anno prima; gli ultimi 12 mesi (tranne marzo) sempre in crescita.
Proprio da quest'ultimo dato parte il direttore dell'Unità. Tanto più, fa notare, che «tra il 2002 e il 2008 abbiamo perso mediamente 10mila copie l'anno». Interrogata sulle ragioni del successo, la De Gregorio cita il piano di risanamento aziendale, conclusosi con la ricapitalizzazione e il ridimensionamento della redazione (da 70 a 58 unità) che hanno permesso di fare un giornale «sano e dunque libero». Senza dimenticare l'innovazione di formato (dal 25 ottobre scorso l'Unità esce in formato tabloid, ndr) e di prodotto.
Quanto ci sia di suo la De Gregorio non lo dice. Così come non crede alla facile equazione direzione femminile=successo editoriale. Più che al gentilsesso, infatti, la giornalista pisana sente di appartenere a quella generazione di 40enni schiacciati tra «i nostri nonni e i nostri figli». Una condizione «di mezzo», che le ha permesso però con più facilità di «traghettare verso il tempo nuovo un'identità antica, bagnando la tradizione nella modernità». Sempre nella logica di «includere»: vecchi e giovani, operai e studenti, intellettuali e blogger. Oppure, politicamente parlando, la "casa madre" Pd con Radicali, Verdi, Sinistra e libertà.
Tutto ciò non sempre è facile, come ammette lei stessa, «perché nei giornali predomina la cultura del conflitto». Ma non per questo si scoraggia. «Oltre a dire cosa il governo fa e non fa, non bisogna chiudere l'orizzonte e restare saldi su lavoro, immigrazione e classi sociali più deboli. Che sono – ricorda quasi parafrasando gli Afterhours – il paese reale». Da qui il bisogno di guardarsi intorno e di aprirsi, sia sulla rete che sulla carta stampata. Sognando «un giorno in cui tutti i giornali di opposizione possano unire le loro forze, magari durante una nuova stagione politica».

22 luglio 2009
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