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Caso Suu Kyi, la Cina: il mondo rispetti il Myanmar

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12 agosto 2009


I delegati del Consiglio di Sicurezza dell'Onu hanno ripreso oggi le discussioni dopo la condanna di Aung San Suu Kyi, la leader dell'opposizione del Myanmar (ex Birmania), a 18 mesi di arresti domiciliari. La riunione dei Quindici di ieri, convocata d'urgenza nel pomeriggio, era stata aggiornata con un nulla di fatto. I Paesi occidentali, con in testa gli Stati Uniti, chiedono una dichiarazione di condanna. La Cina, invece, ha una posizione più morbida perché considera il processo a Suu Kyi un affare interno al Paese asiatico.

Oggi, secondo fonti diplomatiche, l'ambasciatore britannico all'Onu John Sawers, presidente di turno del Consiglio, ha incontrato Liu Zhenmin, numero due della delegazione cinese al Palazzo di Vetro, nel tentativo di trovare un compromesso. La bozza di documento preparata dagli Stati Uniti chiede al governo della Birmania «la liberazione di Aung San Suu Kyi e di tutti gli altri prigionieri politici». La Cina, che in passato ha bloccato iniziative di condanna della Birmania, di cui è alleata, viene appoggiata in Consiglio anche da Libia e Vietnam, che invocano il principio di non-ingerenza negli affari interni birmani. E in effetti se ha espresso «profonda delusione» l'Asean, associazione delle nazioni del Sud Est asiatico, Pechino ha invece chiesto alla comunità internazionale «di rispettare in pieno la sovranità giudiziaria di Myanmar», come scritto in un documento emesso dal ministro degli esteri.

Nel comunicato si legge che «la Cina auspica la riconciliazione etnica e il percorso verso la stabilità, la democrazia e lo sviluppo in Birmania, nell'interesse non solo di Myanmar ma anche della stabilità regionale». La Cina è il maggior alleato e partner commerciale del Myanmar in quanto consumatore numero uno delle risorse naturali dell'ex Birmania. L'impatto delle sanzioni americane ed europee è stato minimizzato dagli investimenti multimiliardari cinesi nel gas, nel legname e nelle pietre preziose del Myanmar.

La Cina, come «grande attore politico sulla scena internazionale, può avere un interesse o a parlare con la giunta birmana o, se questa non rispondesse, ad agire», ha detto il ministro degli Esteri, Franco Frattini, al Tg1, in merito alla posizione di Pechino sulla nuova condanna ai domiciliari inflitta ieri ad Aung San Suu Kyi. «Gli Stati Uniti e l'Unione europea insieme - ha osservato il titolare della Farnesina - dovrebbero convincere altri grandi attori internazionali a seguirli» sulla via delle sanzioni alla Birmania. E dovrebbero, ha aggiunto il ministro, «spiegare alla Cina che noi la consideriamo un grande attore politico sulla scena internazionale» e che, come tale, «può avere un interesse o a parlare e dialogare con la giunta birmana o, se questa non rispondesse, ad agire».

Allo studio il ricorso in appello
Intanto la leader della Lega per la democrazia della Birmania ha incontrato per un'ora i suoi legali per discutere del ricorso in appello da presentare contro la condanna ad altri 18 mesi di arresti domiciliari. «Questa sentenza è contro la legge e contro i diritti umani», ha dichiarato Nyan Win, avvocato e portavoce del premio Nobel (assegnato nel 1991, dopo la vittoria nelle ultime libere elezioni, rese vane dal colpo di stato della giunta militare ancora al potere), spiegando che il tema di legali spera di ottenere presto una copia della sentenza per valutare il ricorso.

Dopo la parentesi del carcere in cui era stata confinata in attesa del processo, Suu Kyi è tornato nella casa che ormai da molti anni è diventata la sua prigione, dove conduce una vita spartana fatta di meditazione, letture e preghiere. Nella villa sul lago, senza telefono né connessione internet, non sono ammessi visitatori ed eccezione di medici e avvocati. Suu Kyi non incontra i suoi figli da circa dieci anni: la sua unica compagnia sono due donne di servizio, che sono state arrestate con lei a maggio per la violazione degli arresti domiciliari.

Il premio Nobel aveva già descritto le sue giornate nel libro «Lettere da Burma», che ricorda gli anni passati agli arresti tra il 1989 e il 1995. «Era importante stabilire una routine e seguirla con rigore, per evitare inutili perdite di tempo», scriveva Suu Kyi, che si sveglia alle 4.30 per dedicarsi ad un'ora di meditazione. «La domenica è un giorno speciale perché posso mangiare un uovo bollito per colazione», si legge nel libro.

I legali hanno già chiesto chiarimenti sulle regole relative alla sua nuova detenzione. Il ministro degli Interni ha assicurato che, durante questo nuovo periodo di detenzione, Suu Kyi potrà ascoltare la radio di Stato e leggere alcuni giornali filogovernativi. Tra le letture dovrebbero essere ammesse anche i gialli di Arthur Conan Doyle e i bestseller di John Le Carrè che tanto piacciono al premio Nobel.

12 agosto 2009
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