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Il «Ramadan» nel contratto

di Cristiana Gamba

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20 agosto 2009
La presenza in Italia

In arrivo il mese sacro per i musulmani tra flessibilità e incomprensioni

Avrà anche perso l'appellativo di Stalingrado d'Italia ma Sesto San Giovanni, comune a nord di Milano, mantiene la vocazione di laboratorio in tema di lavoro. All'alba di domani comincerà il ramadan, e qui, una quarantina di dipendenti musulmani della Alstom Power potranno "per contratto" assentarsi dal lavoro per le pause di preghiera. Una possibilità, messa nero su bianco da un accordo sindacale di secondo livello, frutto anche di una particolare sensibilità della multinazionale francese, che un paio di anni fa aveva visto lontano pensando di trasformare la prassi dell'integrazione e della tolleranza in un vero e proprio diritto. A firmare l'accordo era presente Stefano Sfregola (Rsu Fiom) che spiega: «Nessuno avrebbe immaginato che alcune regole nate per qualche decina di persone avrebbero in poco tempo coinvolto più di cento stranieri». Lo stabilimento di Sesto «è una delle poche realtà ad avere codificato la prassi», aggiunge Mamadou Wone, senegalese, funzionario Fiom della Camera del lavoro di Sesto, «per il resto prevale il buonsenso, che, aldilà di qualche maldipancia scoppiato nelle scorse settimane, vede le parti arrivare all'accordo».

Alla Zincatura Padana Spa di Reggio Emilia, è stata trovata un'intesa con il sindacato sulle feste religiose. Oltre la metà dei 50 operai operai è straniero: ai musulmani è stata riconosciuta la possibilità di non lavorare l'ultimo giorno di ramadan purché assicurino una giornata di lavoro in fabbrica il 24 novembre, festa di San Prospero, patrono della città.
Anche il gruppo Tnt Express fa scuola. Dei mille addetti che lavorano nei 12 hub sparsi per l'Italia il 60% è di religione musulmana. «Da anni abbiamo sottoscritto un'intesa con le cooperative che operano nei nostri hub - spiegano dal quartier generale di Settimo Torinese - che consente ai collaboratori di fede musulmana di pregare e cibarsi secondo i ritmi dettati dalla loro religione. In cambio, i sub-contractor ci assicurano la continuità del servizio attraverso un'attenta gestione dei turni».

A Mazara del Vallo, Trapani, lavoro e precetti religiosi sembrano andare a braccetto. Guido Maggio, che commercializza prodotti ittici, osserva: «Ci sono parecchi immigrati, ma non si è mai verificata alcuna tensione». Gli fa eco Pietro Truglio, imprenditore: «Ci sono circa 8mila tunisini che lavorano nei settori più diversi, dall'agricoltura alla marineria e in molti hanno messo in pratica alcuni accorgimenti per evitare di soffrire troppo durante il ramadan. Per i pescatori tuttavia il problema è già risolto perché gran parte del ramadan coincide proprio con il fermo biologico.
Nel caso del distretto conciario di Santa Croce sull'Arno (Pisa) circa il 10% dei 9mila addetti è islamico. Qui vigono orari flessibili per chi vuole pregare, inoltre sono attive nel polo due grandi mense aziendali che prevedono menù particolari per i fedeli musulmani. L'integrazione è di casa anche nella provincia di Forlì-Cesena, dove su 10mila addetti dell'agroalimentare il 25% sono stranieri. Il gruppo Amadori, ad esempio, concede permessi straordinari ai cittadini stranieri che preferiscono trascorrere il periodo del ramadan nel paese d'origine. «Buona parte dei nostri lavoratori ha un contratto di avventiziato, cerchiamo di agevolarli nella gestione dei turni», dice Francesca Amadori.

Anche in Veneto vige la prassi. «Non abbiamo notizia di accordi precisi, ma ci risulta che temi quali servizio mensa e luogo di preghiera non creino alcun problema», dice Adriano Pozzato, segretario generale della Cisl di Padova. Alla Riello di Piombino Dese e alla Fonderia Anselmi di Camposampiero è stata in passato messa a disposizione una sala. «Ora – prosegue – l'obiettivo è passare dalla consuetudine alla contrattazione: è il passaggio necessario per evitare casi nei quali il buon senso non basta». La novità che preoccupa è il coincidere dell'inizio del mese sacro con il gran caldo: «Accade per la prima volta quest'anno – spiega Franco Marcuzzo, dell'Anolf Cisl Treviso – e interessa cantieri e agricoltura, dove diventa difficile conciliare norme di sicurezza e digiuno».
E proprio su questo è scoppiata la polemica a Mantova, dove il Comitato per la sicurezza in agricoltura (che raccoglie datori di lavoro e sindacati) ha sollecitato l'assunzione di acqua in abbondanza prima e durante la raccolta dei meloni sostenendo che «la tutela della salute viene prima di ogni pratica religiosa». L'invito poi si è trasformato in un «obbligo, pena la sospensione temporanea dall'attività lavorativa, o interruzione del rapporto in caso di recidiva». «Noi - sottolinea Sergio Cattelan, presidente di Confagricoltura Mantova - rispettiamo le convinzioni religiose di tutti. Ma è una questione anche di prevenzione e di sicurezza sul lavoro. Se non si trova una soluzione ragionevole possono esserci dei rischi per la salute delle persone e conseguenze giuridiche per le aziende».

20 agosto 2009
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