Il "sì" ha vinto nel referendum irlandese sul trattato di Lisbona: lo ha confermato l'ufficio elettorale irlandese secondo cui i voti favorevoli sono stati il 67,1%.
L'affluenza degli elettori alla consultazione è stata del 58%. Nel giugno del 2008, quando gli irlandesi respinsero il nuovo trattato Ue in un primo referendum, l'affluenza era stata del 51% e i "no" avevano prevalso con il 53,4%.
La vittoria del sì è dunque schiacciante. Il no ha vinto in soli due collegi elettorali su 43, quelli del Nord (Donegal Nord Est e Donegal Sud Ovest), ma con un ristretto margine (rispettivamente 51,5 e 50,3 per cento). In poco più di un anno, lo spostamento di voti a favore del nuovo Trattato di Lisbona è stato pari a un impressionante 20,5%. Il record di voti a favore di Lisbona si è avuto nel collegio Sud di Dublino, dove i sì hanno stravinto con l'82%.
Anche il dato dell'affluenza alle urne, stimato al 58,8%, è significativo, e aumenta la legittimità del risultato; nel giugno 2008 aveva votato solo il 51% degli elettori. Il primo ministro ('Taoiseach'), Brian Cowen, ha attribuito il risultato alla determinazione del popolo irlandese di restare «al cuore dell'Europa», riecheggiando il fortunato slogan della campagna del 'sì', che ha travolto - senza dubbio insieme alle preoccupazioni per la crisi economica e finanziaria e il
conseguente rapido aumento della dispccupazione - i deboli argomenti degli anti-Lisbona.
Il miliardario Declan Ganley, fondatore del partito Libertas e leader della campagna anti Lisbona si è detto «sorpreso delle dimensioni della vittoria del sì», che mostra «quanto la gente
sia spaventata». Si tratta, ha aggiunto, di «una vittoria molto convincente, una sorta di mandato» per il Taoiseach Brian Cowen. Ganley aveva già subito una cocente sconfitta alle elezioni europee, in giugno.
Il ministro delle finanze Brian Lenihan ha osservato che la vittoria del sì è ora «un primo passo essenziale verso la ripresa economica», ma anche il leader del Labour Party, Eamon Gilmore, favorevole al nuovo Trattato, ha definito questa decisione del popolo irlandese «molto sensata», nonostante l'impopolarità del governo, che è stata, ha sottolineato, «il più grosso ostacolo della compagna per Lisbona».
Per l'ex presidente del Parlamento europeo e probabile futuro commissario Ue Pat Cox, che ha guidato la campagna trasversale pro Lisbona, questo è stato «un voto maturo, in cui il popolo
irlandese ha respinto le voci che avrebbero voluto trasformare il referendum in un verdetto per il governo o per le sue politiche nazionali».
Per Mary Lou McDonald, vicepresidente del Sinn Fein, il partito nazionalista che ha fatto campagna per il 'no', «questo voto non significa un mandato per il governo», che non deve sentire ora «un falso senso di sicurezza: la gente vuole comunque un cambiamento».
Era la seconda volta che l'Irlanda si esprimeva in un secondo referendum su un trattato Ue, dopo averlo bocciato in un primo voto. Nel giugno 2001 gli irlandesi avevano infatti respinto il
Trattato di Nizza (ben meno importante di quello di Lisbona), con il 53,87% dei 'no' contro il 46,13% dei 'sì'. Il Trattato di Nizza, tuttora vigente, era stato poi approvato in un nuovo
referendum nell'ottobre del 2000 (62,89 contro 37,11 per cento).
Finora sono 24 i paesi membri che hanno completato il processo di ratifica. Il presidente polacco Lech Kaczynski ha promesso la firma subito dopo il sì irlandese. In Repubblica Ceca invece la firma resta appesa a un ricorso in giustizia e alla buona volontà del presidente euroscettico Vaclav Klaus.
