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VERTICE FAO
Diouf con rammarico: «Basta parole,
chi ha fame non può aspettare»

dall'inviato Piero Fornara

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18 novembre 2009

Alle forti critiche per la "Dichiarazione sulla sicurezza alimentare", che non prevede impegni finanziari concreti, il direttore generale Diouf risponde: «La Fao è un forum di dibattito, sono gli Stati membri che decidono gli stanziamenti di fondi»

ROMA – L'impegno dimostrato dai partecipanti al vertice della Fao sulla sicurezza alimentare «ci lascia sperare che questa volta ogni paese adotterà misure concrete e urgenti al fine di mettere in atto le azioni contenute nella Dichiarazione approvata lunedì»: lo ha detto il direttore generale Jacques Diouf, chiudendo i lavori del summit mercoledì 18 novembre poco dopo mezzogiorno. La piaga della fame «può essere sradicata soltanto con un'azione globale e se dalle parole si passa ai fatti, alle azioni: facciamolo per un mondo più prospero, più giusto, più equo e pacifico. Ma soprattutto facciamolo rapidamente: i poveri e gli affamati non possono più aspettare».

Nella conferenza stampa conclusiva del Vertice Diouf, che non si ricandiderà per un quarto mandato alla Fao, alzando le braccia, ha detto: «Con mio rammarico, devo constatare che questa Dichiarazione non contiene né gli obiettivi quantificati, né le scadenze precise che avrebbero permesso di meglio seguire la loro realizzazione». In ogni vertice internazionale dove esiste la regola dell'unanimità, «basta che uno dica "no" per impedire che si raggiunga un livello più alto nel dibattito: vediamo infatti quanto sta accadendo alle trattative sul clima nella prospettiva di Copenhagen e quanto è successo per il negoziato Doha Round in ambito Wto».

Le assenze dei leader del G-8
«Avrei auspicato che tutti i paesi presenti al vertice – 182 Stati oltre all'Unione europea – fossero rappresentati dai loro leader», invece la loro assenza ha ridotto la discussione «al solo livello tecnico» ha sottolineato il direttore generale della Fao nella conferenza stampa. «Se non ci sono i capi di Stato e di governo, che possono coordinare gli sforzi, se non sono qui a discutere degli aiuti allo sviluppo e delle problematiche ad essi correlati, riduciamo la soluzione al solo livello tecnico», mentre la lotta alla fame «è un problema sociale economico e finanziario e oserei dire culturale».

La responsabilità di garantire la sicurezza alimentare e lo sviluppo rurale «non appartiene però alla Fao, che non ha terreni, né agricoltori e nemmeno soldi, ma a ogni governo e alle popolazioni di tutti i paesi». Diouf ha precisato: «Abbiamo concordato elementi importanti, il minimo comune denominatore richiesto è stato raggiunto». Lui che ha alla vigilia del vertice aveva iniziato uno sciopero della fame, ha ribadito: «La Dichiarazione del summit approvata per acclamazione a inizio lavori ha i suoi limiti. Non è andata come avrei voluto. Ma io ho fatto il mio mestiere: ho promosso questo vertice e trovato da solo i fondi per organizzarlo». E ha concluso con una provocazione: «Pensate al G-8 dell'Aquila, che ha concordato di mettere a disposizione 20 miliardi di dollari, ma bisognerà vedere se questi fondi si materializzeranno».

Crisi alimentare nel Corno d'Africa
Oggetto di una conferenza promossa dalla Fao e dal Programma alimentare mondiale (Wfp), mercoledì mattina, è stata invece la crisi alimentare in Corno d'Africa, che sta mettendo in ginocchio l'economia di 31 Paesi africani concentrati nella regione orientale del continente in particolare Sudan, Somalia e Kenya ma anche Eritrea, Uganda, Gibuti e Tanzania. Già qualche tempo fa la Fao aveva avvertito che in questi Stati i prezzi delle derrate alimentari sono ancora troppo alti e costringono 20 milioni di persone a sopravvivere grazie agli aiuti d'emergenza della comunità internazionale. Nei prossimi sei mesi servirà un miliardo di dollari per sfamare con aiuti d'emergenza, più altri 200 milioni per programmi a lungo termine che sostengano i piccoli agricoltori e permettano a questa parte del continente «di nutrire se stessa».

Da parte delle organizzazioni non governative (Ong) e dei movimenti che hanno tenuto in questi giorni a Roma un Forum parallelo della società civile c'è delusione per le debolezze di quello che hanno voluto ribattezzare come "il vertice dell'indifferenza" caratterizzato dall'assenza di obiettivi concreti, soprattutto economici. I cinque princìpi chiave del documento acclamato lunedì dai capi di Stato e di governo in plenaria, secondo il Forum, orientano soltanto la strategia futura della lotta contro la fame, ma mancano di cifre. Quei 44 miliardi di dollari che lo stesso Diouf si era preoccupato di inserire nel testo sono infatti scomparsi nella versione finale del draft, per assicurare il voto favorevole di Usa, Canada, Australia e degli altri paesi del G-8. E manca anche un preciso riferimento temporale: entro quando, cioè, raggiungere l'obiettivo di sradicare la piaga della fame, che oggi affligge oltre un miliardo di persone.

La delusione delle Ong
Dal Forum sono anche uscite richieste e proposte concrete: convinti che «l'unica soluzione» alla fame nel mondo sia «la sovranità alimentare» di chi la terra la lavora e la cura, le Ong propongono il loro «modello ecologico di produzione alimentare locale», che nutre le popolazioni «minimizzando gli sprechi» e che «non produce i danni causati dal sistema di produzione industriale». Nel documento finale del Forum si ribadisce inoltre il "no" a ogm e a biocarburanti, la tutela dell'acqua come bene comune e la richiesta di fermare il cosiddetto "land grabbing", l'accaparramento dei terreni agricoli da parte di società straniere in Africa, Asia, America Latina ed Europa dell'Est.

  CONTINUA ...»

18 novembre 2009
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