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Zaia: «Ritornare ai prodotti della terra,
non sono gli Ogm la soluzione per l'Africa»

dall'inviato Piero Fornara

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17 novembre 2009

Intervista al ministro delle Politiche agricole al vertice della Fao: «I contadini africani devono poter promuovere i loro prodotti»

ROMA - «Dalla fame si esce solo grazie all'agricoltura. Bisogna dare la possibilità all'Africa di nutrire i suoi figli con i prodotti della terra africana, con il frutto del sudore e della fatica e di una agricoltura che sia espressione delle rispettive comunità locali». Lo ha affermato il ministro delle Politiche agricole Luca Zaia, che è intervenuto in assemblea plenaria, nella seconda giornata del Vertice mondiale sulla sicurezza alimentare alla Fao. In margine al dibattito generale, il ministro Zaia ha risposto ad alcune domande del "Sole 24 Ore.com".

Può spiegare meglio, signor ministro, il concetto di «agricoltura identitaria», che ha citato nel suo discorso alla Fao?
Proporre e sostenere un'agricoltura identitaria, significa tenere conto della realtà di ogni popolo e di ogni paese. Un'agricoltura che non può essere strappata alla propria storia. Per fare questo bisogna puntare – lo abbiamo affermato nella dichiarazione dei ministri dell'Agricoltura del G-8 di Cison di Valmarino e ribadito in quella del Summit G-8 dell'Aquila – sui piccoli agricoltori, sulle donne, sui giovani, potenziando il loro accesso alla terra.

Contro la fame nel mondo è rispuntata anche in questo vertice la «vexata quaestio» degli Ogm…
Non ci sono rivoluzioni tecnologiche o agricole che possano sostituire la necessità di sviluppare delle agricolture locali radicate nel territorio. Gli organismi geneticamente modificati (Ogm), possono essere utili in alcune zone desertiche per rafforzare la resistenza alla siccità o alla salinità dei terreni, in alcuni casi permettono anche di risparmiare sui trattamenti anti-crittogamici, ma non sono "la soluzione" del problema. Dove si coltivano gli Ogm non si guadagna di più. Accettare la filiera Ogm vuol dire abbandonare la filiera della produzione di un paese (e l'Italia ha 4.500 prodotti tipici). Noi non vogliamo due filiere: una Ogm per i meno abbienti, l'altra di cibo biologico per chi ha i soldi (e questo accade già in giro per il mondo). Non intendiamo consegnare l'agricoltura definitivamente alle multinazionali.

Un altro tema di dibattito alla Fao, soprattutto per il pungolo delle organizzazioni non governative, è il cosiddetto «land grabbing», l'accaparramento di terre da parte di investitori stranieri e sottratte ai piccoli agricoltori locali. Qual è la sua opinione?
È necessario promuovere un codice di condotta che tuteli le comunità rurali dall'accaparramento della terra da parte degli investitori stranieri, una sorta di carta etica rispetto agli acquisti internazionali. La Cina si sta comprando l'Africa, anche grazie ad alcuni governi locali compiacenti. È un problema che l'America Latina ha già vissuto diversi anni fa, quando si leggeva su giornali di "spedizioni punitive" con i campesinos. Il Continente nero non deve diventare una immensa distesa di cereali coltivati dai cinesi, anche i contadini africani devono poter promuovere i loro prodotti tipici.

Ministro, tutti i giornali stamattina hanno titolato «contro la fame nel mondo tanti impegni, ma i soldi non ci sono». Il vertice rischia il fallimento?
L'Italia sta dando il suo contributo e ha messo l'agricoltura e la sicurezza alimentare mondiale al centro dell'agenda internazionale. Nonostante le assenze illustri, al vertice della Fao di Roma si è registrata una grande partecipazione e non possiamo parlare di fallimento. C'è il grande risultato positivo del G-8 dell'Aquila con lo stanziamento di 20 miliardi di dollari per far nascere aziende agricole nei paesi in via di sviluppo. I paesi protagonisti del G-8 e firmatari dell'Aquila Food Security Initiative si incontreranno nuovamente a Roma, probabilmente all'inizio del 2010, per definire le modalità operative concrete con cui proseguire gli interventi e meglio canalizzare le risorse.

17 novembre 2009
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