Ripubblichiamo un articolo di Roberto Bongiorni, uscito sul Sole 24 Ore del 31 agosto 2006, a pochi mesi dal rapimento di Gilad Shalit, che mostra la situazione dei soldati israeliani nelle mani dei palestinesi.
Zachary Baumel, Tzvi Feldman, Yehuda Katz, 8.846 giorni. Ron Arad, 7.258 giorni, Guy Hever, 3.300. Per i soldati "missing in action" in Israele si conta, con cadenza quotidiana, il tempo trascorso dalla loro cattura. Non ci si rassegna fino a che non vengano fornite informazioni utili al loro rilascio. E, se deceduti, si pretende la restituzione dei loro resti, talvolta a un prezzo che potrebbe apparire, agli occhi di un occidentale, sproporzionato.
Missing in action. Dalla sua nascita, nel 1948, Israele ne ha avuti oltre 400. Fino allo scorso 25 giugno la lista si era ridotta a cinque soldati. Scomparsi nel nulla (tre in Libano nell'82), presunti vivi, ma con più probabilità morti. Da due mesi se ne sono aggiunti altri tre, ancora in vita. Il caporale Gilad Shalit, 20 anni, rapito al confine della Striscia di Gaza il 25 giugno, Eldad Regev, 26 anni, e Ehud Goldwasser, 31, sequestrati il 12 luglio dagli Hezbollah in Israele mentre pattugliavano il confine con il Libano. Gli ultimi due sono stati il "casus belli" del conflitto con Hezbollah. Un problema per il premier Ehud Olmert, criticato aspramente dall'opinione pubblica per aver accettato una risoluzione di tregua senza aver ottenuto il loro rilascio. I volti di Shalit, Regev e Goldwasser compaiono quasi ogni giorno sulla stampa, in Tv, sui cartelli che costeggiano le strade della Galilea.
Eppure la società israeliana non ha mai dimenticato nessuno dei suoi "missing in action". A scuola gli studenti apprendono la loro storia. Per chi offre informazioni utili revista una ricompensa di 10 milioni di dollari. Solo Bin Laden ne vanta una maggiore, ma da vivo. Da 33 anni l'esercito ha creato una commissione ad hoc. Anche presso l'ufficio del premier tato istituito un team di specialisti. La storia di Israele icca di scambi di prigionieri per il rilascio dei soldati rapiti, o delle loro salme. Di blitz, anche sfortunati, per liberarli.
Si potrebbe obiettare, con lucido cinismo, se davvero valga la pena salvare poche vite, mettendone a repentaglio molte altre. Se per la restituzione delle spoglie, sia opportuno liberare centinaia di prigionieri palestinesi, libanesi, o siriani, bollati dal Governo come "terroristi". In un Paese dove tre anni sono dedicati al servizio militare, ma soldati lo si raticamente a vita, non ci si pone questa domanda. La vita dei militari acra. A loro ffidata la difesa di un Paese circondato da forze ostili. Se non venisse profuso ogni sforzo per riportarli a casa, si rischierebbe di sgretolare uno degli eserciti più compatti al mondo.
Ecco perché la diffusione di un video, pochi giorni fa, in cui compare il giovane pilota Ron Arad, ha commosso tutta Israele. Un video vecchio, datato 1989, che non offre alcuna conferma. La vicenda di Ron è risaputa. Il 16 ottobre del 1986 il suo caccia fu abbattuto vicino alla città libanese di Sidone. Ron cadde nelle mani del movimento sciita Amal. Da allora ci sono state continue speculazioni sulla sua sorte, ma nessuna certezza. Il caso di Guy Hever è ancor più misterioso. Il giovane Guy scomparve sul confine siriano il 17 agosto del 1997. Nel nulla, senza rivendicazioni. Perché?
Israele vuole sapere dove si trovi, se sia vivo. È presumibile che sia pronta a grandi sacrifici per riaverlo. Lo ha già fatto tante volte. L'ultima nel 2004. Per recuperare i resti dei tre militari uccisi dagli Hezbollah sul confine, nel 2000, e il rilascio dell'ex colonnello riservista Elhanan Tannenbaum, ha liberato 400 miliziani.
Non è un episodio isolato. Nella guerra del 1948, 882 soldati e civili israeliani vennero catturati. L'anno successivo quasi tutti tornarono a casa, ma Gerusalemme dovette liberare alcune migliaia di prigionieri arabi. Lo stesso avvenne per i 15 soldati caduti in mano nemica durante il conflitto lampo del 1967 e per i 301 soldati catturati nella guerra del Kippur, nel 1973. Per i tre piloti presi dalle forze irachene nel 1967, Israele consegnò l'anno dopo 428 prigionieri giordani. E per riavere le salme di 39 soldati uccisi nel 1973, restituì all'Egitto 92 prigionieri, vivi. Uno scambio che potrebbe apparire sbilanciato. Non agli occhi del popolo