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The Economist a Berlusconi: «È ora di dire addio»

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3 dicembre 2009

«E' ora di dire addio» («Time to say addio»): è il titolo con cui l'Economist in un editoriale, sul numero in edicola da venerdì 4 dicembre, chiede le dimissioni di Silvio Berlusconi. Il settimanale britannico contiene anche un lungo articolo sui "guai" giudiziari e l'isolamento politico del presidente del Consiglio (intitolato "sotto attacco da tutti i fronti").

Scrive il settimanale finanziario londinese: «La ripresa di vari processi che coinvolgono lui o i suoi collaboratori, oltre a una serie di altre questioni economiche e legali, stanno distraendo Berlusconi e il suo governo dalle loro altre responsabilità. Il danno è visibile. (...) Sotto Berlusconi, l'Italia continua a spingere il suo peso sempre più basso nell'Unione europea e nel mondo» secondo l'Economist, che rivendica sull'argomento una marcata coerenza editoriale.
«La nostra visione di Berlusconi è stata costante - si legge nell'articolo - abbiamo criticato il suo debutto in politica nel 1993-1994. Nel 2001 abbiamo detto che era inadatto ("unfit") a governare l'Italia. Nel 2006 abbiamo consigliato agli elettori italiani di dire 'Basta!' al suo governo. Li abbiamo invitati a sostenere il suo avversario di centrosinistra nel marzo 2008. E nonostante ciò abbiamo mantenuto un atteggiamento di cautela nell'unirci ai commenti diffusi e pruriginosi su un sinistro assortimento di scandali a sfondo sessuale che quest'anno hanno travolto il premier 73enne».
«Preferiamo giudicarlo su due questioni che hanno più sostanza - spiega l'Economist - il conflitto di interessi fra le sue attività imprenditoriali e il suo ruolo politico, e la condotta del suo governo».

«Anche per i suoi standard» è stata, «una settimana difficile» per il presidente del Consiglio, fa notare l'Economist che cita il maxi-risarcimento dovuto da Fininvest a Cir per la vicenda del Lodo Mondadori; le trattative con la moglie Veronica per il divorzio; il processo Mills; le nuove testimonianze sui presunti "trascorsi legami con la mafia". Oltre a tutto, c'è in programma un 'No Berlusconi Day' nel fine settimana. «Berlusconi ha fatto della sopravvivenza politica un'arte - osserva il settimanale - ma ora sembra proprio in difficoltà».
«Con la crisi finanziaria e la recessione, l'attenzione si è spostata dalle difficoltà economiche dell'Italia alla piaga di altri paesi come la Grecia - rimarca l'Economist - e nonostante le piccole imprese del nord siano fiorenti, l'Italia nel suo insieme è ancora pesantemente in ritardo». «Nell'anno che si è concluso con il terzo quadrimestre, il suo Pil si è ridotto di più della media dell'Eurozona, e dovrebbe diminuire di quasi il 5% nel 2009, con un salto grande quanto quello di qualunque altro grande paese dell'Europa occidentale" a detta del settimanale finanziario, «il governo Berlusconi è stato terribilmente lento nella sua risposta».

E ancora: «L'Italia resta troppo regolamentata ed esce penosamente male nelle classifiche internazionali su cose come la facilità con cui si avvia un'impresa, la diffusione della corruzione, il livello della spesa di un paese nella ricerca e la qualità del suo sistema scolastico». L'Economist accusa anche Berlusconi di aver «portato avanti una politica estera eccentrica, non in linea con quella degli alleati occidentali» e mette in evidenza gli stretti rapporti con il russo Vladimir Putin e il libico Muammar Gheddafi a difesa degli "interessi energetici italiani", oltre all'ultima missione in Bielorussia «dall'altro dittatore Lukashenko».
Anche in mancanza di un «ovvio successore», l'Italia ha diversi «potenziali leader» si legge ancora nell'editoriale: «Gianfranco Fini all'interno del suo stesso partito, che sta tramando apertamente per spodestare Berlusconi; Pier Ferdinando Casini al centro, che si è tenuto alla larga dal suo terzo governo; e persino il nuovo leader del centrosinistra Pierluigi Bersani, che portò avanti le riforme con l'esecutivo di Romano Prodi».
Chiunque fosse il successore, prosegue l'Economist, «potrebbe persino completare quella trasformazione del paese, che Berlusconi ha interrotto quando ha fatto il suo ingresso nella scena politica negli anni Novanta. L'Italia - conclude il settimanale di Londra - starebbe decisamente meglio se il Cavaliere uscisse di scena».

3 dicembre 2009
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