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Dalla Clinton duro attacco alla Cina per le restrizioni alla libertà online

di Marco Valsania

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22 dicembre 2010

Una nuova Cortina di Ferro sta calando su mondo. È una barriera che minaccia di oscurare l'informazione e internet. La denuncia è venuta dal segretario di stato americano, Hillary Clinton, che ieri ha trasformato l'austostrada elettronica, la sua sicurezza e la sua libertà, in una priorità di politica estera per gli Stati Uniti.
Hillary Clinton non poteva scegliere un luogo più adatto per la nuova crociata, che ha preso di mira paesi che vanno dalla Cina all'Iran per le restrizioni sulle nuove frontiere dell'informazione: il Newseum di Washington, il Museo del giornalismo nella capitale. «Noi siamo fermamente per un unico internet, dove l'intera umanità abbia eguale accesso al sapere e alle idee», ha detto. E contro chi promuove attacchi cibernetici ha chiesto l'intervento della comunità globale. «In un mondo interconnesso, un attacco ai network di un paese - ha sostenuto - è un attacco a tutti. Paesi o individui che conducono attacchi cibernetici dovrebbero fare i conti con la condanna internazionale». Le barriere all'autostrada elettronica, il Muro di Berlino su Internet, diventano a tutti gli effetti violazioni della Dichiarazione Universale dei Diritti umani.

La Cina, dove Google ha denunciato atti di pirateria e possibile spionaggio ai danni di dissidenti, è stata al centro delle preoccupazioni della Clinton. Il ministro ha chiesto alle autorità di Pechino di «condurre una approfondita inchiesta sulle intrusioni nel cyberspazio» riportate dalla società. Non solo: ha invitato Pechino anche alla «trasparenza nelle indagini e nelle loro conclusioni».
Malgrado gli annunci roboanti per l'amministratore delegato di Google Eric Schmidt ha affermato che è ancora in trattative con il governo cinese e per questo sta ancora filtrando i siti web sgraditi a Pechino. Schimdt lo ha detto spiegando però «in un arco di tempo ragionevolmente breve ci saranno dei cambiamenti».

Google, il 12 gennaio, aveva minacciato di abbandonare la Cina davanti alla scoperta che la sicurezza dei suoi servizi era stata compromessa, grazie a server infetti da virus, mettendo a rischio e-mail di critici di Pechino e militanti di diritti umani. La società controlla un terzo del mercato dei motori di ricerca in Cina, il paese che ha il più alto numero di utenti online al mondo, 350 milioni. E teme che alle spalle delle operazioni di pirateria possano esserci i servizi segreti. Google aveva immediatamente annunciato che avrebbe cessato di collaborare con le autorità di Pechino sulla censura, un obbligo nel paese, dimostrando di fare sul serio con la minaccia di ritirarsi. Un'altra trentina di società high-tech sarebbe stata vittima di simili attacchi informatici.

L'amministrazione Obama, Clinton in testa, aveva già espresso solidarietà a Google e chiesto chiarimenti alle autorità cinesi. Ieri ha però lanciato un appello più forte: ha indicato che internet ha generato enormi progressi in Cina. E aggiunto che chi lo ostacola rischia di «chiudere la porta ai progressi del prossimo secolo». Accanto a Cina e Iran, il ministro ha citato altri paesi tra quelli che censurano la rete globale e perseguitano i blogger: dall'Arabia Saudita all'Egitto, dalla Tunisia all'Uzbekistan e al Vietnam.
Da Pechino ieri la risposta è arrivata anzitutto sotto forma di inviti a evitare escalation della tensione quando si tratta di internet. Il viceministro degli Esteri, He Yafei, ha dichiarato che «l'incidente di Google non deve essere legato alle relazioni bilaterali, altrimenti si rischiano eccessi».

Clinton, nel suo inno alle libertà online, ha affrontato anche i nuovi dilemmi posti per tutti dalle nuove tecnologie, i loro vantaggi e i loro pericoli. Ha ricordato come i text message abbiano portato al salvataggio di haitiani intrappolati dalle macerie del terremoto. Come abbiano consentito di raccogliere 25 milioni di dollari in aiuti per la nazione caraibica. E come la comunicazione in rete possa promuovere la trasparenza e la democrazia. Ma ha ammesso che del web possono «impadronirsi» terroristi di al-Qaeda e regimi autoritari impegnati nella repressione. Simili dilemmi, ha però ammonito, non possono giustificare «violazioni sistematiche dei diritti e della privacy di chi usa internet per fini politici pacifici». Per difendere il web, gli Stati Uniti rilanceranno una Global Internet Freedom Task Force. E, ha aggiunto Clinton, continueranno a sollecitare le società americane a mettere in discussione richieste di censura da parte di governi stranieri.

22 dicembre 2010
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