La commissione di studi parlamentari incaricata di vagliare il divieto in Francia del velo integrale ha concluso i lavori optando per il veto.
Indossare il burqa e il niqab sarà proibito dunque non in tutti i luoghi pubblici, ma nelle scuole, gli ospedali, i trasporti e negli uffici statali.
Al termine di oltre 200 audizioni e di sei mesi di lavori, la commissione ha suggerito l'adozione di una risoluzione parlamentare, dal valore simbolico e non giuridicamente vincolante, che «proclami che tutta la Francia dice no al velo integrale e chiede che questa pratica sia proibita sul territorio. Indossare il velo integrale è una sfida alla nostra Repubblica, il che è inaccettabile». A fianco di questa dichiarazione solenne, la commissione ha avanzato una serie di proposte volte all'adozione di una disposizione che vieti di nascondere il volto nei servizi pubblici, compresi i trasporti. Il rapporto raccomanda di «optare per uno strumento legislativo» che possa anche essere declinato «per via amministrativa».
La commissione non ha suggerito un «divieto generale e assoluto del velo integrale negli spazi pubblici» perché «non esiste al riguardo unanimità».
Il rapporto sottolinea come questa legge possa sollevare questioni giuridiche complesse, poiché comporta una «limitazione dell'esercizio di una libertà fondamentale, la libertà di opinione, nella totalità dello spazio pubblico»; di qui il rischio di una censura da parte del Consiglio costituzionale o di una condanna da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo.
«Indossare il velo non è che la punta dell'iceberg», ha detto il deputato comunista Andre Gerin, presidente della commissione, e osservato che dietro questa tradizione vi sono una serie di pratiche che umiliano la donna. In Francia vivono 6 milioni di musulmani, la più popolosa minoranza islamica in Europa e le donne che per motivi religiosi indossano il velo integrale sono circa 2.000, secondo dati ufficiali.