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La grande corsa della mobilitazione

di Claudio Gatti

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17 gennaio 2010

PORT-AU-PRINCE. Dal nostro inviato
Dalla grande tragedia alla grande corsa. A chi arriva per primo. A chi fa di più. O solo a chi ne dà l'impressione. Forse è con la migliore delle intenzioni che il segretario di stato americano Hillary Clinton è arrivata ieri pomeriggio all'aeroporto di Port-au-Prince. Per prima. «Vi assisteremo al massimo e vi garantisco che gli Usa sono un amico di Haiti, e che lavoreremo insieme con il vostro governo», ha detto appena sbarcata il segretario di Stato, incontrando il presidente haitiano René Préval. «Come ha detto il presidente Obama, noi saremo qui oggi, domani e per il futuro».
A seguire la Clinton sarà la vice-premier spagnola Teresa de la Vega, attesa a Port-au-Prince alle sei del mattino di oggi. Il terzo arrivo previsto sarà quello di Nicolas Sarkozy. Medaglia di bronzo quindi alla Francia.

No, non è solo un gioco mediatico. A Port-au-Prince, nessuno lo dice apertamente ma tra chi ha esperienza di aiuti umanitari internazionali, il retropensiero che questa corsa possa avere effetti disastrosi ce l'hanno in molti. Già ieri si sono percepiti i primi segnali di tensione. Il ministro della Cooperazione francese Alain Joyandet ha annunciato di aver presentato una protesta formale al governo di Washington dopo che la torre di controllo dell'aeroporto aveva negato il permesso all'atterraggio a due aerei francesi, uno dei quali con un ospedale da campo a bordo. Anche se in serata Quai d'Orsay ha fatto sapere che la Francia non ha trasmesso «alcuna protesta» agli Usa.

Il presidente haitiano Préval è intervenuto per chiedere a tutti di non litigare: «È una situazione estremamente difficile. Dobbiamo mantenere la calma per coordinare gli sforzi». Ma la controversia non è stata affatto superata. «Gli americani di fatto gestiscono la torre di controllo dell'aeroporto. È stata un'iniziativa umanitaria essenziale e apprezzata da tutti, ma anche una mossa che ha permesso loro di diventare i decision maker su chi va e chi viene», dice al Sole 24 Ore un diplomatico. Sulla querelle, dagli americani arriva solo una mezza smentita. «Lo spazio aereo haitiano è controllato dagli haitiani. Noi li stiamo semplicemente aiutando a gestirlo. E stiamo facendo di tutto per essere più equi possibile», ci ha detto il capitano della Us Navy John Kirby, portavoce della Joint Task Force. Quando abbiamo insistito, chiedendo chi decide le priorità, la risposta è stata più chiara: «Controlliamo noi il traffico aereo».
Con il porto ancora chiuso, l'aeroporto è il centro nevralgico delle operazioni di soccorso e il semplice fatto che sia gestito dagli americani irrita molti. Tra l'altro, in un paese ancora privo di una rete di telecomunicazioni funzionante, sono cominciate a circolate le voci più disparate. Come quella che il previsto arrivo della Clinton avesse causato la chiusura della pista già quattro ore prima. Era però un rumor infondato.

Anche nella corsa ai rinforzi militari, gli americani hanno finora fatto meglio di Francia e Spagna. A Port-au-Prince ci sono già 200 soldati dell'82esimo Airborne di Fort Braggs. E a largo c'è anche la portaerei Carl Vinson, con 3mila marinai. Da parte loro, i francesi hanno fatto venire dalla Martinica un team di qualche decina di poliziotti della loro Gendarmerie. Ed è previsto l'arrivo di un prefetto che era già stato in missione in Haiti circa un anno fa. Gli spagnoli non sono stati da meno. «Abbiamo due aerei cargo, già arrivati, e altri tre che stanno per arrivare», ci dice Diego Bermejo, ambasciatore spagnolo nella Repubblica Dominicana. «Inoltre è previsto un rafforzamento delle unità della Guardia Civil e della polizia nazionale della missione di pace Minustah». Quando gli chiediamo se queste forze si coordineranno con gli americani, la risposta è: «Noi ci coordiniamo con Minustah e con la delegazione europea».

Mentre Obama in America ha già mobilitato i suoi predecessori nella raccolta di fondi, l'ambasciatore spagnolo rimane sul vago sugli aiuti finanziari diretti decisi dal suo governo: «Ci saranno certamente. Ma non ne conosco ancora l'entità». La crisi economica ha ridotto per tutti le capacità di stanziamento di fondi pubblici. «Come gli spagnoli, i francesi hanno problemi di budget e quindi poco soldi a disposizione», commenta un diplomatico di un terzo paese. Pare che il ministro Joyandet si sia finora impegnato a scucire appena 2 milioni. «Sulle cifre qui ognuno fa e dice quello che vuole pur di far vedere di essere più bravo o generoso degli altri. I francesi dicono di stanziare ogni anno 60 milioni di euro. Ma solo 30 sono loro. L'altra meta' viene dalle casse Ue».

Come ha spiegato diplomaticamente il presidente Préval, a rimanere nel mezzo di queste controversie sarà la popolazione haitiana. Che però non ha altra scelta se non quella di chiedere e ringraziare. Per poterlo fare di persona, il povero ministro degli Affari esteri haitiano, Madame Rey, ha passato più di un'ora su una sedia accanto alla porta che dalla pista dà accesso all'aeroporto. Quando le abbiamo chiesto come mai fosse lì da sola, ha detto che aspettava che atterrasse l'aereo con Hillary Clinton per poterle dare il benvenuto.

17 gennaio 2010
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