E' stata confermata la pena ad undici anni di reclusione inflitta al dissidente cinese Liu Xiaobo. Lo ha annunciato il suo avvocato, che ha chiarito che l'appello nei confronti della condanna inflitta a dicembre è stato respinto al termine di una breve udienza.
Liu Xiaobo fu condannato il 25 dicembre per istigazione alla sovversione del potere dello stato, un capo di imputazione piuttosto vago e spesso utilizzato contro oppositori politici e difensori dei diritti umani. Inoltre, alla fine del 2008 firmò un appello per le riforme politiche: la "Carta 08", come fu intitolata, chiedeva l'estensione delle libertà politiche e la fine della sovranità del Partito comunista cinese. Fu firmata da più di trecento persone, compresi alcuni dei principali intellettuali del paese. Pubblicata successivamente su internet, raccolse altre 10mila firme. La sua condanna fu energicamente denunciata dalle organizzazioni di difesa dei diritti umani e i Paesi occidentali. Dopo la bocciatura del suo appello, l'ambasciatore statunitense Jon Huntsman ha sollecitato il governo a liberare Liu «immediatamente» e a «rispettare il diritto dei cittadini d'esprimere in modo pacifico le loro opinioni politiche».
Diplomatici di diciassette Paesi stranieri e dell'Unione europea erano in attesa all'uscita del tribunale, dove si erano radunati per fare pressioni sulla Cina. Ian Sharpe, portavoce della delegazione dell'Ue in Cina, ha denunciato l'«aggressione» di cui è vittima Liu. «L'Unione europea ritiene che il verdetto pronunciato contro Liu Xiaobo per il suo ruolo nella stesura della Carta 08 e di articoli sui diritti umani pubblicato su internet sia perfettamente incompatibile con la sua libertà di espressione», ha dichiarato. Liu Xia, la moglie del dissidente, ha da parte sua dichiarato di non essere rimasta sorpresa dalla conferma della condanna.