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Per Tremonti troppo export può fare male

dal nostro inviato Isabella Bufacchi

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17 Marzo 2010
Per Tremonti troppo export può fare male

«Non possiamo mandare un early warning alla Germania perché esporta troppo». La battuta ha consentito ieri al ministro dell'Economia Giulio Tremonti di entrare pubblicamente nel dibattito in corso all'Eurogruppo sugli squilibri nella zona euro per mancanza di convergenza sulla competitività, tra paesi in surplus delle partite correnti e paesi alle prese con disavanzi della bilancia commerciale, tra stati con fattori di produzione troppo o poco flessibili. Il numero uno del Mef ha detto ai giornalisti nella conferenza stampa che si è tenuta a Bruxelles dopo l'Ecofin: «L'economia tedesca è molto orientata sull'export. E forse un modello orientato solo sull'export è più fragile di quanto si pensasse, come ha dimostrato la crisi».
L'Europa dunque dovrebbe rivedere il suo modello economico perché troppo esposto sulle esportazioni: «Meglio sarebbe un sistema più equilibrato, fatto di export ma anche di stimolo ai consumi privati e agli investimenti», è la linea che Tremonti segue da lungo tempo, come lui stesso ha sottolineato, prima ancora della recente presa di posizione del ministro francese Christine Lagarde nei confronti del modello tedesco. Ma, ha riconosciuto Tremonti, questi cambiamenti «hanno tragitti lunghi. Non possiamo aspettarci che l'industria dell'auto tedesca cambi di colpo. Ogni paese sceglie il suo modello economico». È già tanto se si parla ora dei Delors bond e se intanto è nato il primo fondo di private equity europeo Marguerite per investire in infrastrutture, energia e ambiente.
La convergenza è un obiettivo difficilmente raggiungibile in ogni campo per i 16 paesi dell'Eurogruppo e i 27 dell'Ecofin. Tremonti ha sostenuto che in Europa si è trovato l'accordo di massima sull'«architettura complessiva dei mercati finanziari». E che sulla regolamentazione degli hedge fund «la macchina si è messa in moto»: ma «non è semplice mettere insieme posizioni diverse». Italia, Francia e Germania insieme da un lato, Regno Unito dall'altro lato: all'interno dei 27 «non c'è sufficiente coesione». Per il ministro una soluzione sarà trovata entro giugno.
Un altro fronte sul quale restano divergenze di vedute nell'Eurogruppo, per Tremonti, è quello degli aiuti alla Grecia. «Per nessun paese è stata fatta una scelta», ha affermato, chiarendo però che i prestiti bilaterali potranno essere «concordati per fare sì che alla fine entreranno tutti» e che "fondi su base volontaria" non significa che i paesi potranno decidere se entrare o rimanere fuori. «L'Italia - ha asserito - resta favorevole alla soluzione più europea e più coordinata possibile. È stato fatto un importante lavoro preparatorio, tecnico e politico, e la decisione finale spetterà al prossimo Consiglio europeo, senza che questo rappresenti un rinvio» perché questo passaggio decisionale era già noto.
Una decisione è stata presa: il ministro Tremonti, Jean-Claude Juncker (presidente dell'eurogruppo) e il belga Didier Reynders sono i tre nuovi membri, nominati dal Consiglio europeo, del comitato che propone le condizioni del trattamento economico, pensionistico e previdenziale dei sei membri del comitato esecutivo della Banca centrale europea (tra i quali il presidente Trichet). Il comitato è formato da altri tre membri, scelti dal consiglio direttivo della Bce, ma i cui nomi non vengono comunicati dall'istituto di Francoforte che non rende note neppure le disposizioni del comitato.
Nell'ambito delle istituzioni internazionali, Tremonti ha preferito in conferenza stampa concentrarsi sul Fondo monetario internazionale e sul fatto che gli stati europei sono i principali azionisti di questo organo, al quale versano capitali che non possono però essere usati in Europa per problemi come quello della Grecia. «Un investimento che ha un rendimento inadeguato: perché non usare parte di quelle risorse europee versate al Fmi?».

17 Marzo 2010
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