Londra – «Sono soltanto parole!». «Che cosa ti aspetti ? Algebra». Michael Foot incenerì così nei tumultuosi giorni del 1980 un deputato che contestava il suo intervento ai Comuni. Un esempio della rapida, bruciante, efficacissima dialettica che l'allora leader del Labour party era in grado di produrre negli epici scambi ai Comuni. Anche per questo, da ieri, la scena politica britannica è un po' più povera, orfana com'è di Michael Foot morto a 97 anni.
Il suo nome resta legato a una oratoria strabiliante, a una produzione letteraria di saggi, ma non solo, massiccia, e a un record politico inversamente proporzionale a tutto ciò. Sotto di lui, promotore di politiche radicali, il Labour party conobbe la più dolorosa sconfitta della sua storia recente lasciando a Margaret Thatcher, nel 1983, 144 seggi di vantaggio. Si presentò a quelle elezioni con un programma socialista d'antan che per il suo più giovane compagno di partito, Gerald Kaufman si rivelò essere «il più lungo suicidio politico della storia». Sostenere l'addio al deterrente nucleare nei giorni più cupi della Guerra Fredda quando, oltretutto, Margaret Thatcher trionfava alle Falklands solleticando l'animo guerriero che ruggisce in ogni inglese, fu, obiettivamente operazione estrema.
Ma imputare le responsabilità della disfatta laburista, prologo della più lunga notte vissuta dal partito rimasto all'opposizione per quasi un ventennio, solo a lui sarebbe ingeneroso. Nel triennio 1980-1983, quando Foot guidò il Labour si consumò la storica scissione della cosiddetta Banda dei Quattro. Roy Jenkins, David Owen, Shirley Williams e William Rodgers abbandonarono il partito per fondare Sdp-Alleanza liberale che diverrà nucleo duro dell'attuale partito Liberal Democratico, la terza forza britannica.
Forse anche per questo, al di là dell'inclinazione naturale di Foot, il Labour si ritrovò schiacciato su posizioni più estreme, mentre sulla scena britannica giganteggiava un titano come Margaret Thatcher. Sostituito da Neil Kinnock alla guida del partito rimase attivo, ma defilato dalla politica. Un mondo nel quale, Michael Foot visse e morì e per questo tutti, amici e nemici, oggi lo piangono. A lui, forse, piacerebbe essere ricordato con l'epitaffio involontario, pubblicato anni fa dal Daily Mirror, che scrisse. "Un uomo bravo, precipitato fra politici".