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«Io sono il sindaco di Gerusalemme, di tutta Gerusalemme. E costruirò case anche per gli arabi», prometteva qualche mese fa Nir Barkat. Un altro modo per espellere i palestinesi dalla città è abbattere le case illegali in quartieri che non hanno mai avuto un piano regolatore e sono sempre stati ignorati da quelli di sviluppo sociale: l'organizzazione pacifista israeliana Ir Amim ha calcolato che nella Gerusalemme araba mancano 1.500 aule scolastiche e 70 chilometri di fognature. Per rispondere alle critiche Barakat aveva dunque promesso di costruire anche per gli arabi. Pochi giorni più tardi però il comitato comunale approvava la costruzione di 900 case nell'insediamento ebraico di Gilo e bocciava il progetto per altre 200 nel quartiere palestinese di Sur Baher. «Sospetto ci sia una falsificazione nella registrazione dei terreni», aveva accusato un consigliere comunale senza produrre alcuna documentazione. E a Sur Baher non si è più costruito. La crescita naturale demografica è riconosciuta agli israeliani. I palestinesi, se vogliono moltiplicarsi e trovare casa devono andare oltre il muro che spacca in due Abu Dis, a-Tur, il monte degli Ulivi, segnando i veri confini della Gerusalemme ebraica. Indivisibile: come tutti i comuni del mondo, anche quello di Gerusalemme pubblica la mappa delle linee del trasporto pubblico. Eppure la parte sinistra della cartina è un reticolo di percorsi. Quella destra, dove c'è la città araba, è bianca.