La grande partecipazione al voto degli iracheni, nonostante le violenze, ha rinvigorito le speranze di una evoluzione democratica del Paese. Benché sul dopo-voto pesino ancora diverse incognite, ai più sembra che il paese si trovi a un punto di svolta, dopo gli anni della dittatura di Saddam Hussein, e la guerra civile seguita all'intervento militare amercano del 2003. È vero quindi, anche alla luce dell'alta affluenza al voto, quanto sostiene Newsweek? E cioè che nonostante tutto, la missione «democrazia in Iraq» dell'ex presidente Bush, sia definitivamente compiuta? Sulla scorta di quanto già fatto da Foreign Policy, abbiamo posto questa domanda ad alcuni inviati e corrispondenti di grandi giornali internazionali. Ecco cosa ci hanno risposto
Charles Levinson (Wall Street Journal)
Penso che sia troppo presto per dire se in Iraq ci sia uno stato realmente democratico. Ciò che abbiamo visto dal voto di domenica ad oggi è sicuramente positivo. Ci sono comunque ancora grossi ostacoli da superare, sia nel breve che nel lungo termine, per dire una parola definitiva. Per prima cosa: che succederà nei prossimi giorni e settimane? I perdenti accetteranno tranquillamente la sconfitta? Se il partito di Allawi otterrà meno voti del previsto, siamo sicuri che non metterà in discussione la legittimità del voto con accuse di brogli? E se invece sarà Al Maliki ad avere la peggio, sarà disposto a mollare le redini del potere senza colpo ferire? Anche se il passaggio di consegne avverrà in maniera pacifica poi, un giudizio sulla democratizzazione del paese sarà comunque prematuro. La vera prova sarà dopo il ritiro dei 96mila soldati americani.
Andrew England (Financial Times)
Le elezioni sono solo un elemento della democrazia. In diversi stati del Medio Oriente si vota. Ma di qui a dire che sono paesi democratici il passo è lungo. Per fare una valutazione non si può prescindere da altri aspetti: c'è il rispetto per le libertà fondamentali? Le istituzioni sono genuine oppure «schiave» della faziosità politica? Esiste un sistema giudiziario indipendente? Il governo è realmente, e non solo formalmente, responsabile di fronte ai suoi elettori? Ora come ora è difficile rispondere a queste domande. C'è poi l'incognita perdenti. Accetteranno pacificamente la sconfitta? Mi sembra obiettivamente troppo presto per parlare di democrazia in Iraq.
Abdul Muhsin Hussain Jawad (Nina, agenzia irachena)
Queste elezioni sono un passo avanti, ma non bastano per dire che l'Iraq è diventato un paese democratico. Lo saremo quando gli sconfitti accetteranno i risultati e si congratuleranno con i vincitori. Non mi aspetto che possa succedere oggi. Forse la prossima tornata elettorale o quella successiva. C'è un proverbio iracheno che dice: dovrai vendere la tua prima casa perchè non raggiungerai quanto speravi. La seconda la metterai in affitto pechè sotto le ambizioni. La terza sarà la casa per vivere perchè avrai imparato dagli errori precedenti. Cari amici, siamo nella seconda casa.
