Sangue e violenza nel primo giorno di voto in Iraq. Almeno 14 persone sono rimaste uccise in una serie di attentati a Bagdad, mentre sono in corso le operazioni per il rinnovo del Parlamento. A votare oggi i militari e il personale delle forze di sicurezza e del governo, in anticipo di tre giorni rispetto all'appuntamento di domenica, quando la popolazione irachena sarà chiamata ad eleggere i nuovi membri dell'assemblea irachena. Intanto continua a far discutere la provocazione del settimanale Newsweekche ha dedicato alle elezioni irachene la sua ultima copertina con il provocatorio titolo: «Alla fine ha vinto Bush».
La riabilitazione dell'ex presidente (da parte di un settimanale non certo conservatore) è stata aspramente criticata da alcuni blog e organi di stampa. «Quella copertina mi ha scioccato», scrive Josh Rushing su Huffington Post. «Sono appena tornato dal mio sesto viaggio in Iraq dove sono andato per giratre un servizio per "Fault Lines" (la trasmissione che il giornalista cura per il canale inglese di Al Jazeera ndr.). Qui ho filmato una situazione molto più simile a una guerra civile. Se democrazia significa semplicemente raccogliere voti in un'urna allora è vero che l'Iraq è uno stato democratico. Ma la realtà è che se, come me, vai nel Nod dell'Iraq e chiedi a un curdo, a un sunnita o a uno sciita chi intenda votare, la risposta sarà, nel 100% dei casi, il candidato del proprio gruppo etnico». Le divisioni etniche sono ancora molto radicate per Rushing e questo non fa ben sperare per un futuro democratico dell'Iraq.
Tomas Rick su Foreign Policy suggerisce ai suoi lettori di sostituire, nel pezzo di Newsweek, le parole Vietnam e Saigon a Iraq e Baghdad. «La sensazione sarà quella di leggere un servizio di propaganda di quelli che si leggevano nel 1967». Anche l'Economist ne parla, anche se il riferimento a Newsweek è meno esplicito. «Con le elezioni del 7 marzo e il promesso ritiro delle truppe americane, sono in molti a pensare che in Iraq la svolta sia dietro l'angolo e che questa guerra sia ormai una storia di ieri. È un grave errore pensarlo - scrive il settimanale - perché l'Iraq è un paese devastato, in buona parte grazie agli errori degli Stati Uniti e dei loro alleati». E poi una frase molto chiara: «la missione è tutt'altro che compiuta», chiaro riferimento alla criticatissima (e smentita dai fatti) dichiarazione pronunciata da Bush sulla portaerei Lincoln il 1 maggio 2003. «Se Newsweek promuove l'ex presidente Usa, noi lo bocciamo senza appello» sembra voler dire il settimanale britannico.
Non sembra essere d'accordo con Newsweek neppure la voce dei conservatori Fox News. L'anchorman Neil Cavuto ha intervistato Larry Eagleburger, ex segretario di Stato (alle dipendenze di Bush padre, ma anche di Reagan e Nixon). Alla domanda su cosa ne pensasse dell'articolo del settimanale, il navigato politico ha risposto: «Mi sembra che abbiano fatto il passo più lungo della gamba. Non fraintendetemi, spero che la situazione in Iraq migliori e che si arrivi a stabilizzare il paese. Ma oggi come oggi siamo ancora ben lontani dal farlo»
