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Il comandante americano a Kabul vuole proibire i fast food ai suoi soldati

di Gianandrea Gaiani

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28 marzo 2010
La nuova strategia di McChrystal: chiudere i fast-food (Afp)

Dopo aver strappato la roccaforte di Marja ai talebani il generale Stanley McChrystal, alla testa dei 100.000 militari alleati in Afghanistan, prende di mira i "divertimenti" che distraggono i soldati della coalizione dall'impegno bellico. I fast-food come Burger King e Pizza Hut aperto all'interno delle grandi basi logistiche alleate in Afghanistan verranno chiusi per decisione dello stesso McChrystal
che li ritiene poco compatibili con un teatro di guerra.

«Bisogna migliorare l'efficienza operativa dei nostri uomini, certe distrazioni sono controproducenti», ha detto un portavoce del quartier generale dell'International Security Assistance Force www.isaf.nato.int a Kabul alla BBC. La decisione era nell'aria da tempo e già nell'autunno scorso il generale McChrystal si era espresso contro i troppi "divertimenti" offerti ai militari in servizio in basi come quelle di Kandahar, Bagram e Mazar-i-Sharif.

Il portavoce della Nato sentito dalla BBC ne fa anche una questione di utilizzo dello spazio all'interno delle basi definendo le "amenità" superflue per ragioni logistiche. «Qui in Afghanistan stanno giungendo i rinforzi necessari per la nostra campagna, 39 mila uomini in tutto, ciò comporta l'arrivo di attrezzature e rifornimenti supplementari e lo spazio comincia a mancare». Ma si tratta evidentemente di un falso problema poiché in Afghanistan l'unica cosa che non manca è lo spazio e quasi tutte le basi sono state ampliate in misura considerevole per accogliere nuovi contingenti con mezzi, alloggi e infrastrutture. Le aree di relax per le truppe, fast-food ma anche palestre e sale internet, svolgono un ruolo importante per stemperare la tensione e lo stress.

Molte infatti le proteste da parte delle truppe già apparse su blog militari, giustificate anche dalla considerazione che i fast-food non appaiono certo come lussi e sono peraltro accessibili solo ai militari che lavorano in reparti logistici, manutentivi, staff di comando, sanitari, corpi di guardia, addetti alla sicurezza delle infrastrutture e alle unità aeree.
I reggimenti di fanteria, destinati al combattimento in prima linea, trascorrono gran parte dei sei mesi di missione in Afghanistan (un anno nel caso degli statunitensi) in Forward Operating Bases (FOB) o nei più piccoli Combat Outpost , piccoli fortini in territorio ostile di solito presidiati da una compagnia (100/150 soldati) o da un plotone (una trentina di militari) dove il massimo del lusso è un pasto caldo uscito dalla cucina da campo e in molte occasioni solo razioni da combattimento. Fortini costruiti in mezzo al nulla dove la vita è dura e i servizi igienici sono in molti casi un buco per terra con quattro assi di legno intorno. Difficile parlare di «amenità superflue» a questi soldati americani, inglesi, italiani e di altre nazionalità che solo saltuariamente e per grevi turni di riposo, raggiungono le grandi basi logistiche quali di Kandahar, Bagram, Camp Bastion, Mazar-i-Sharif, Kunduz, Camp Warehouse (Kabul), Camp Arena (Herat) nelle quali sono presenti alcuni locali di ritrovo come Pizza Hut o Burger King e qualche PX (Post Exchange), simili a supermarket dove è possibile acquistare qualche gadget, biancheria e generi di prima necessità.

Nulla di lussuoso e scarse occasioni di fare bagordi anche perché tutti i locali chiudono intorno alle 22. Chi ha frequentato le basi militari in Afghanistan o in Iraq sa bene che nei fast-food si ritrovano alla sera i militari, specie i più giovani, per fare quattro chiacchiere davanti a una birra ascoltando un po' di musica in un luogo che ricordi le "normalità" di casa. La birra è poi un "lusso" reperibile solo nelle grandi basi europee perché ai militari americani è vietata l'assunzione di alcoolici. La battaglia moralizzatrice di McChrystal per rendere più "duri" i soldati di Isaf rischia quindi di rappresentare un autogol creando nei soldati un atteggiamento di ostilità e distacco nei confronti dei vertici dell'operazione. Una conseguenza che potrebbe fare più danni di un'offensiva talebana alla causa alleata.

28 marzo 2010
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