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La riforma sanitaria è legge
Obama vince la sua battaglia

dal nostro corrispondente Mario Platero

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22 marzo 2010
La riforma sanitaria è legge. Obama vince la sua battaglia (Ap)

NEW YORK – 219 voti favorevoli contro 212, un vantaggio minimo, ma che vale una pagina di storia: dopo una maratona interminabile, dopo mille polemiche, ritardi e colpi di scena, la Camera, sotto la guida inflessibile di Nancy Pelosi, ha finalmente passato nella notte di ieri la riforma sanitaria in America. Per il presidente Barack Obama si tratta di una vittoria chiave: dà finalmente concretezza alla sua visione di cambiamento con cui si è aggiudicato la Casa Bianca nel 2008. E pur fra molte difficoltà, rilancerà la sua leadership.

«Dopo quasi cento anni di parole e di frustrazioni, dopo dieci anni di tentativi e un anno di battaglie, il Congresso degli Stati Uniti ha dichiarato che i lavoratori americani, le famiglie e le piccole imprese avranno una sicurezza: né malattie né incidenti metteranno a rischio i sogni cui hanno dedicato una vita» Obama ha ricordato che questa vittoria è venuta contro coloro che fino all'ultimo non ci credevano, contro gli interessi speciali e contro le lobby: «Siamo al di sopra della politica, siamo al di là della paura e siamo ancora in grado di lavorare per la gente: oggi è il momento del cambiamento».

Non ci si è arrivati facilmente. Fino all'ultimo i repubblicani hanno cercato di ostacolare la proposta di legge con mozioni apparentemente inutili ma pericolosissime. Poi, improvvisamente, dopo un accordo fra la Casa Bianca e gli antiabortisti democratici, la maggioranza si è coagulata. E al momento del voto la soglia dei 216 voti è stata superata agevolmente alle 10.45 della sera ora di Washington, il voto chiave per avere la maggioranza, è stato annunciato dal contatore elettronico. L'aula, divisa, caratterizzata fino a pochi minuti prima da un confronto teso coi repubblicani su certe normative procedurali, è esplosa in un'ovazione: «Yes we can», hanno urlato i deputati democratici. Alla fine della conta, i voti favorevoli erano 219 voti i contrari 212. Questi ultimi da attribuire ai 178 deputati repubblicani e a 34 democratici. Per la prima volta nella storia americana, per un progetto di legge fondamentale come quello sanitario non si è riusciti ad avere una maggioranza bipartitica.

«Non è stata colpa nostra – ha subito chiarito il deputato della California Henry Waxma – il presidente ha teso la mano e i repubblicani l'hanno respinta». Poco dopo la Camera ha anche approvato gli emendamenti che saranno inviati al Senato. Ma è stato solo in quel preciso momento, quando il passaggio del progetto di riforma è diventato irrevocabile che Nancy Pelosi, il Presidente della Camera ha battuto il grande martello dal podio, lo stesso che fu usato per la riforma del Medicare negli anni Sessanta e ha annunciato raggiante: «La legge è passata».

Ma al di là delle procedure, dei numeri, delle battaglie, dei colpi di scena, dopo il voto resta una verità inconfutabile: l'America avrà un'assicurazione sanitaria per 32 milioni di americani che oggi non sono coperti. Bambini con malattie congenite che non potevano essere assicurati avranno le cure adatte. Lavoratori che rischiavano di perdere l'assicurazione medica cambiando posto non correranno più quel rischio. Questo per dire che la riforma ha un respiro molto più vasto del semplice allargamento di una base di assicurati, ma toccherà letteralmente tutti gli americani.

Un colossale meccanismo di riorganizzazione di metodi, priorità, garanzie sanitarie si metterà in moto già nei prossimi giorni. E non ci sarà comparto dell'economia che non venga toccato da questa riforma. Il pacchetto vale 940 miliardi di dollari in dieci anni. Consentirà di tagliare 138 miliardi di dollari dal disavanzo pubblico, rivoluzionerà i metodi assistenziali degli ospedali e dalle assicurazioni. Ma taglierà anche 500 miliardi di dollari dal Medicare, il programma di assistenza per gli anziani.

In 13 mesi alla Casa Bianca Obama ha raggiunto un risultato impossibile per molti presidenti prima di lui. Gli restano sette mesi prima delle elezioni di novembre di metà mandato per convincere la maggioraza degli americani ancora sospettosa, poco convinta e persino peroccupata da questo nuovo piano, che era la cosa giusta da fare. Di più, Obama ha vinto là dove altri presidenti importanti avevano perso. Bill Clinton ci provò nel 1994, ma anche Roosevelt, Truman e persino Teddy Roosevelt, si erano fatti sotto per provare a passare una legge sanitaria nazionale. In quasi cento anni di lotte archiviate sotto gli attacchi dell'opposizione repubblicana e delle potentissime lobby farmaceutiche e assicurative. George W. Bush fallì un'altra riforma sociale importante, quella per le pensioni.

«Ora pensiamo al dopo» ha detto Obama raggiante quando, intorno a mezzanotte, è apparso nella East Room della Casa Bianca, subito dopo l'ultimo voto alla Camera, quello per adottare gli emendamenti. Ora il pacchetto tornerà al Senato, ma la vittoria è scontata: avendo seguito una formula di riconciliazione che ha prima adottato la versione del Senato e poi approvato alcuni emendamenti, per vincere ci vorrà soltanto la maggioranza semplice. E il dopo non significa soltanto la riforma del sistema finanziario, che sarà discussa a giorni dalla commissione guidata da Christopher Dodd.

  CONTINUA ...»

22 marzo 2010
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