NEW YORK - Henry Waxman, deputato democratico per la California, ha annunciato che la missione della leadership alla Camera è compiuta: i democratici hanno assemblato un numero superiore a quei 216 voti necessari per passare la storica riforma sanitaria americana. E dunque a questo punto è solo questione di tempo. Le resistenze dei repubblicani infatti si sono estese a questioni procedurali che ritarderanno il processo, ma non cambieranno il risultato. Mentre scriviamo si era deciso di votare quattro volte, un voto per l'ordine procedurale, un voto per le regole, un voto per il pacchetto del Senato, un voto per la riconciliazione, quattro appuntamenti consecutivi, due non previsti, per accomodare appunto le richieste dei repubblicani determinati a ritardare e complicare questo voto storico sulla riforma sanitaria.
Ma a questo punto, salvo imprevisti, il copione è già scritto. E fra i democratici si respira l'aria delle grandi occasioni, della vittoria, della prima vera inversione di tendenza da quando i movimenti della destra repubblicana dei Tea Parties, hanno messo i democratici sulla difensiva. La svolta è giunta nella mattinata, quando Bart Stupak, il democratico del Michigan, irriducibile antiabortista ha annunciato che un ordine esecutivo del presidente che impedirà l'uso di fondi federali per cliniche abortiste o per l'aborto in genere è sufficiente. Non ci sara' bisogno di un emendamento. Nel pomeriggio dalla Casa Bianca è giunta la conferma formale che Barack Obama emetterà l'ordine. Subito dopo Stupak ha tenuto una conferenza stampa. "E' importante che ci sia stato questo accordi - ha detto - il passo in avanti non sarebbe stato possibile senza l'aiuto di altri colleghi, oggi abbiamo un accordo che protegge la santita' della vita impedisce che questo progetto di legge per la riforma sanitaria utilizzi fondi federali per l'aborto e dunque ringrazio il presidente Obama e il presidente della Camera Nancy Pelosi... Volevamo la riforma sanitaria, ma avevamo un principio piu' importante della riforma, la santita' della vita. Oggi abbiamo vinto, ma hanno vinto gli americani: 32 milioni di americani avranno diritto all'assistenza sanitaria".
E dunque anche i democratici antiabortisti voteranno a favore della riforma. Con la loro adesione, il passaggio a questo punto, come ha detto Waxman e' garantito, visto che ci saranno almeno sei voti aggiuntivi rispetto a quelli gia' contati". Poco dopo si e' passati al primo dei quattro voti, la prima tappa verso un appuntamento con la storia che diventa a questo punto inevitabile.
Obama: «Questa è l'occasione per mantenere una promessa»
Sabato Obama aveva fatto una drammatica e ispirata apparizione al Congresso: «Questa è l'occasione per mantenere una promessa - ha detto - è il momento di dire: al diavolo, questa è esattamente la ragione per la quale sono venuto in quest'aula. Per il mio ingresso in politica. Per la mia scelta di servire il pubblico. Questa è la ragione per la quale ho fatto i miei sacrifici: scelgo per i miei ideali prima ancora che per soddisfare la mia base elettorale». E aveva aggiunto: «Sono fiducioso che l'approveremo domani (oggi, ndr)». Un appello a votare per gli americani: «Non ti chiedo di farlo per me, o per il partito democratico, ma per il popolo americano, per quelle persone che non ce la fanno e hanno bisogno d'aiuto».
Assistenza medica per 32 milioni
Se non ci saranno imprevisti, cecchini, tradimenti, l'America, dopo un secolo di tentativi, avrà quindi la sua riforma sanitaria, che estenderà il diritto all'assistenza medica a 32 milioni di persone attualmente scoperte. Costo: 940 miliardi di dollari. Ma le dinamiche della legge consentiranno di tagliare 138 miliardi di dollari dal disavanzo pubblico americano in dieci anni. E il fatto che il 60% dell'opinione pubblica tema di peggiorare le sue condizioni assistenziali attuali e abbia paura di nuove tasse oggi conta poco: sul piano politico, Barack Obama potrà finalmente apporre il suo sigillo sull'obiettivo più ambizioso della sua amministrazione e rivendicare, in circostanze molto complesse, quella leadership che fino a ieri sembrava appannata.
Il presidente è apparso talmente sicuro di sé da aver già lanciato, sempre ieri, la sua prossima sfida: nel suo discorso del sabato ha chiesto il passaggio urgente della riforma del sistema finanziario proposta dal senatore, Christopher Dodd: «Dobbiamo agire subito – ha detto – non possiamo rischiare una nuova crisi finanziaria».
La partita delle elezioni di mid-term a novembre
Obama, infine, sfoggiando le sue straordinarie doti di equilibrista, con la sua apparizione, ma soprattutto con gli incontri a tu per tu è riuscito a convincere gli incerti a rinunciare alle loro prerogative personali per il bene comune del partito e degli americani. E ha confermato di essere un maestro quando si tratta di rispondere alle sfide che si giocano sulle sfumature, sull'elasticità e sull'eleganza di una soluzione condivisa e non imposta. Adesso il terreno è pronto. Il voto consentirà all'America di fare un passo in avanti nella battaglia per l'affermazione dei diritti sociali.
Poi per Obama partirà una nuova partita, quella per le elezioni di novembre. Avrà sette mesi per sfruttare l'effetto traino di questa vittoria e per dimostrare che la sua leadership è più forte del sospetto nei suoi confronti da parte di un centinaio di milioni di americani. «No problem», ha detto ieri il suo stratega politico David Axelrod.