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Il Papa a Lisbona: «Chiesa perseguitata dai suoi peccati, il perdono non sostituisce la giustizia»

dall'inviato Carlo Marroni

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11 maggio 2010
Il Papa a Lisbona:«Chiesa perseguitata dai suoi peccati, il perdono non sostituisce la giustizia» (Ansa)


Un intervento forte sulla situazione interna della Chiesa, sulla situazione «terrificante» generata dallo scandalo della pedofilia, a cui si deve reagire con forza, ed evitare che il perdono sostituisca la giustizia. Benedetto XVI in volo da Roma a Lisbona, a bordo dell'airbus A320 Alitalia ha risposto alle domande dei giornalisti, anche sulla crisi in atto e che colpisce duramente il Portogallo. Ecco il testo integrale delle domande (poste dal portavoce Federico Lombardi) e delle risposte del papa.

Santità, quali preoccupazioni e sentimenti porta con sé sulla situazione della Chiesa in Portogallo? Che cosa si può dire al Portogallo, in passato profondamente cattolico e portatore della fede nel mondo ma oggi in via di profonda secolarizzazione sia nella vita quotidiana sia a livello giuridico e culturale? Come annunciare le ragioni della fede in un contesto idifferente e talvolta ostile alla Chiesa?
«Innanzi tutto buona giornata a voi tutti e buon viaggio, ci auguriamo, nonostante la famosa nuvola sotto la quale siamo! Verso il Portogallo sento anzitutto sentimenti di gioia, di gratitudine per quanto ha fatto e fa questo paese nel mondo e nella storia, e per la profonda umanità di questo popolo che volevo conoscere in una visita e con tanti amici portoghesi. E vero, verissimo che il Portogallo era una grande forza della fede cattolica, ha portato questa fede in tutte le parti del mondo, una fede coraggiosa, intelligente e creativa. Ha saputo creare grandi culture, vediamo in Brasile, in Portogallo stesso, anche la presenza dello spirito portoghese in Africa e in Asia. E dall'altra parte questa presenza del secolarismo non è una cosa del tutto nuova. La dialettica tra secolarismo e fede in Portogallo ha una lunga storia. Gà nel Settecento c'è una forte presenza dell'illuminismo, basta pensare al nome di Pombal. Così vediamo che in questi secoli il Portogallo viveva sempre nella dialettica che naturalmente oggi si è radicalizzata, si mostra con tutti i segni dello spirito europeo di oggi. E questa mi sembra una sfida e una grande possibilità. In questi secoli di dialettica tra illuminismo-secolarismo e fede non mancavano mai persone che volevano creare dei ponti, creare un dialogo, ma purtroppo la tentazione e la tendenza dominante fu quella della contrarietà, dell'esclusivo tra l'uno e l'altro. Oggi vediamo che è proprio una chance questa dialettica, dobbiamo trovare la sintesi con un vero e profondo dialogo. Nella situazione multiculturale nella quale siamo tutti, si vede che una cultura europea che fosse solo razionalista, e non avesse la dimensione religiosa e trascendente, non sarebbe in grado di entrare in dialogo con le grandi culture dell'umanità che hanno tutte questa dimensione religiosa e trascendente, che è una dimensione dell'essere umano. E quindi pensare che ci sarebbe una ragione pura, antistorica, solo esistente in se stessa, pensare che sarebbe questa la ragione, è un errore, lo scopriamo sempre più che tocca solo una parte dell'uomo, esprime una certa situazione storica e non è la ragione come tale. La ragione come tale è aperta alla trascendenza e solo nell'incontro fra la realtà trascendente, la fede, e la ragione, l'uomo trova se stesso. Quindi compito dell'Europa, la missione dell'Europa in questa situazione è trovare questo dialogo, integrare fede e razionalità moderna in una unica visione antropologica che completa l'essere umano e rende così anche comunicabili le culture umane. Perciò direi che la presenza del secolarsimo è una cosa normale ma la separazione e la contrarietà tra secolarismo e cultura della fede è anomala e deve essere superata. La grande sfida di questo momento è che i due si incontrino e trovino così la loro vera identità. Questa, come ho detto, è una missione dell'Europa e una necessità umana in questa nostra storia».

La crisi economica si è recentemente aggravata in Europa e coinvolge in particolare anche il Portogallo. Alcuni leader europei pensano che il futuro dell'Unione europea sia a rischio. Quali lezioni imparare da questa crisi, anche sul piano etico e morale? Quali le chiavi per consolidare l'unità e la cooperazione dei Paesi europei in futuro?
«Direi che proprio questa crisi economica, con la sua componente morale che nessuno può non vedere, è un caso di applicazione e di concretizzazione di quanto avevo detto prima, e cioè che due correnti culturali separate devono incontrarsi, altrimenti non troviamo la strada verso il futuro. C'è un positivismo economico che pensa di potersi realizzare senza la componente etica, o malgrado essa, regolato solo da se stesso, dalle pure forze economiche, dalla razionalità positivista, dal pragmatismo dell'economia, l'etica sarebbe una cosa estranea.. In realtà vediamo adesso che un puro pragmatismo economico che prescinde dalla realtà dell'uomo che resta etico, non contribuisce positivamente ma crea problemi. Perciò adesso è il momento di vedere che l'etica non è una cosa esteriore ma interiore alla razionalità e al pragmatismo economico. Dall'altra parte dobbiamo anche contestare che la fede cattolica, cristiana, spesso era troppo individualistica, lasciava le cose concrete, economiche al mondo, e pensava solo alla salvezza individuale, agli atti religiosi, senza vedere che questi implicano una responsabilità globale, una responsabilità per il mondo. Anche qui dobbiamo entrare in un dialogo concreto: ho cercato nella mia enciclica" Caritas in veritate", e tutta la tradizione della dottrina sociale della Chiesa va in questi senso, di allargare l'aspetto etico e della fede sopra l'individuo alla responsabilità del mondo, a una razionalità però formata dall'etico, e dall'altra parte gli ultimi avvenimenti sul mercato in questi ultimi due o tre anni hanno mostrato che la dimensione etica è interna e deve entrare all'interno dell'agire economico perché l'uomo è uno, si tratta dell'uomo, di una antropologia sana che implica tutto, e solo così si risolve il problema, solo così l'Europa realizza la sua missione».

Santità, quali significato hanno oggi per noi le apparizioni di Fatima? E quando lei presentò il testo del Terzo segreto, nella stampa vaticana, nel giugno 2000, le fu chiesto se il messaggio poteva essere esteso, al di là dell'attentato a Giovanni Paolo II, anche alle altre sofferenze dei papi. È possibile secondo lei, inquandrare anche in quella visione le sofferenze della Chiesa di oggi per i peccati degli abusi sessuali sui minori?
«Innanzitutto vorrei esprimere la mia gioia di andare a Fatima, di pregare davanti alla Madonna di Fatima, che per me è un segno della presenza della fede che proprio dai piccoli nasce una nuova forza della fede che non si riduce ai piccoli ma che ha un messaggio per tutto il mondo, in tutta la storia, in tutto il suo presente e illumina questa storia. Nel 2000 nella mia presentazione avevo detto che in un'apparizione c'è un impulso soprannaturale che non viene solo dalla situazione della persona ma in realtà viene dalla Vergine Maria, dal soprannaturale. Dall'impulso interno del soggetto che si esprime nelle possibilità del soggetto. Il soggetto è determinato dalle sue condizioni storiche, personali, temperamentali, e quindi traduce il grande impulso soprannaturale, nelle sue possibilità di dire, di immaginare, di esprimere, ma in queste espressioni formate dal soggetto si nasconde un contenuto che va oltre, più profondo. Solo nel corso della storia possiamo vedere tutta la profondità, che era diciamo era vestita in questa visione possibile alle persone concrete. Oltre questa grande visione della sofferenza del Papa, che possiamo in sostanza riferire a Giovanni Paolo II, sono indicate realtà del futuro della Chiesa che man mano si sviluppano e si mostrano. Cioè è vero che oltre il momento indicato nella visione, si parla, si vede la necessità di una passione della Chiesa, che naturalmente si riflette nella persona del Papa, ma il Papa sta nella Chiesa e quindi sono sofferenze della Chiesa che si annunciano. Il Signore ci ha detto che la Chiesa sarà per sempre sofferente, in modi diversi fino alla fine de mondo. L'importante è che il messaggio, la risposta di Fatima, sostanzialmente non va a situazioni particolari, ma punta a ciò che è fondamentale, cioè conversione permanente, penitenza, preghiera, e le tre virtù cardinali, fede, speranza carità. Così vediamo qui la vera e fondamentale risposta che la Chiesa deve dare, che noi, ogni singolo, dobbiamo dare in questa situazione. Quanto alle novità che possiamo oggi scoprire in questo messaggio, è anche che non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall'interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa. Anche questo si sapeva sempre, ma oggi lo vediamo in modo realmente terrificante: che la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa. E che la Chiesa ha quindi ha profondo bisogno di reimparare la penitenza, accettare la purificazione, imparare il perdono ma anche la necessità della giustizia. Il perdono non sostituisce la giustizia. Dobbiamo imparare proprio questo essenziale: la conversione, la preghiera, la penitenza, le virtù teologali. Così rispondiamo e siamo realisti, dato che il male sempre attacca, attacca dall'interno e dall'esterno, ma che sempre anche le forze del bene sono presenti e che finalmente il Signore è più forte del male e la Madonna per noi è la garanzia. La bontà di Dio è sempre l'ultima parola della storia».

11 maggio 2010
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