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Thaksin il miliardario che gestisce la rivolta

di Marco Masciaga

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15 maggio 2010
Thaksin il miliardario che gestisce la rivolta

NEW DELHI - Non è più un tycoon delle telecomunicazioni. Non è più primo ministro. Il suo partito non esiste più. E lui non può nemmeno più vivere nel paese che per anni ha gestito come l'azienda di famiglia. Eppure non c'è figura più centrale di Thaksin Shinawatra nella crisi politica che da oltre tre anni e mezzo ammorba la vita pubblica thailandese e da due mesi tiene in scacco il governo di Bangkok.
Dalle tante città della sua latitanza dorata - Londra, Dubai e Hong Kong su tutte - Thaksin continua a lanciare proclami a mezzo stampa, arringare le folle via videoconferenza e predicare, a seconda delle alterne fortune dei suoi seguaci, di resistere o trattare. I destinatari dei suoi messaggi sono le camicie rosse che in queste ore combattono nelle strade di Bangkok. Un eterogeneo insieme di partiti, movimenti e semplici cittadini accomunati da ben poco oltre al desiderio di vederlo tornare in patria da trionfatore.

Le ragioni del perdurare della straordinaria influenza di Thaksin sulla politica thailandese sono semplici. Negli ultimi 80 anni di storia della seconda economia del sud-est asiatico ci sono due epoche ben distinte. Quella precedente alla sua discesa in politica, scandita da colpi di stato e governi di breve durata dominati dalle élite militari e burocratiche di Bangkok. E quella successiva, iniziata con una fase di straordinaria stabilità (Thaksin è l'unico premier thailandese che abbia portato a termine un intero mandato) e proseguita, dal colpo di stato che lo ha deposto nel 2006, in un caos così completo e duraturo che per trovare un termine di paragone bisogna lasciar perdere le tigri asiatiche e guardare alle convulsioni dei più malfermi tra gli orsi post-sovietici.

L'avventura prima imprenditoriale e poi politica di Thaksin inizia, non a caso, nel nord della Thailandia (sua futura base elettorale) e non a caso nelle file della polizia (futuro cliente della sua società di software). Da allora le sue ambizioni non hanno mai smesso di crescere. Il mondo cambiava, trasformato dalla rivoluzione digitale, e le successive incarnazioni imprenditoriali di Thaksin lo seguivano senza mai perderlo di vista: dai computer ai satelliti, fino a quei telefoni cellulari che avrebbero prima decretato la sua fortuna economica e quindi aperto le prime crepe nell'edificio del suo straordinario potere politico.

Risale infatti al 2006 e alla vendita della sua Shin Corporation a Temasek Holdings l'inizio della fine della carriera politica di Thaksin. Un'operazione talmente remunerativa (il fondo sovrano di Singapore sborsò 1,88 miliardi di dollari), sfacciata (fu esentasse), e politicamente indigesta (un asset nazionale come la maggiore società di telefonia mobile finiva in mano straniera) che ben pochi a Bangkok furono disposti a chiudere l'ennesimo occhio. Quelli che seguirono furono mesi di manifestazioni, elezioni, passi indietro e salti in avanti culminati con il colpo di stato del 19 settembre che avrebbe consegnato il paese per quindici mesi ai generali e per i due anni successivi a un susseguirsi di governi zoppi come quello attuale.
Eppure, prima di commettere l'errore che gli sarebbe costato così caro, Thaksin aveva dimostrato, pur tra le polemiche suscitate dal suo stile di governo spiccio e ostentatamente businesslike, di possedere un fiuto politico non comune. Sia nel fare scelte giuste, come nel caso della risposta allo tsunami, che nel sopravvivere a quelle sbagliate, come quando ai tempi dell'influenza aviaria tentò di tenere nascosta la portata del contagio.

Ma il suo capolavoro politico, quello che nel 2001 lo avrebbe proiettato alla guida del paese e che nel 2005, in occasione della sua riconferma avrebbe fatto andare alle urne un numero senza precedenti di elettori, fu la Thaksinomics. Una miscela efficace (e soprattutto mai sperimentata prima sull'elettorato thailandese) di politiche sociali e populismo. È stato promettendo strade, scuole e medicinali anche per chi vive lontano dai quartieri eleganti di Bangkok che questo miliardario ha conquistato la fiducia degli strati più poveri della popolazione. Quei contadini del nord e del nord est, abituati da decenni a fare da semplici spettatori del miracolo economico thailandese che Thaksin per primo ha portato al centro del dibattito politico. Coagulando il loro invincibile peso elettorale e contrapponendolo a quel sistema di potere che, con l'aiuto di un esercito sempre pronto a intervenire con un colpo di stato, ha quasi sempre mantenuto il controllo del paese dal 1932, anno della fine della monarchia assoluta, fino al 2001.
Ma.Mas.

15 maggio 2010
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