Più tutele per i non indagati nelle intercettazioni telefoniche: lo stabilisce lo schema di disegno di legge approvato venerdì 4 agosto in prima lettura dal Consiglio dei ministri.
Tutte le intercettazioni telefoniche non acquisite dal giudice sono coperte da segreto, custodite in un archivio generale, sotto la responsabilità del Procuratore della Repubblica. Nel fascicolo del procedimento possono essere acquisite solo conversazioni che il giudice ritiene rilevanti ai fini di prova. In caso di archiviazione delle indagini è previsto sempre il divieto di pubblicazione. Registrazioni e verbali relativi alle intercettazioni saranno distrutti dopo il passaggio in giudicato della sentenza o dopo cinque anni dall'archiviazione.

L'approvazione del provvedimento è avvenuta all'unanimità. «Quando si trattano argomenti come questo - dice il ministro della Giustizia Clemente Mastella - è giusto avere concorrenza nell'esprimersi in un sistema che è di collegialità. Di qua la prima disamina effettuata precedentemente con l'apporto di altri ministri, che però ha portato a una conclusione che è stata all'unanimità». Regole rigide anche nelle trascrizioni delle conversazioni utili ai fini di prova: divieto di trascrivere le parti di conversazione non utili ai fini di prova, eliminazione dalle trascrizioni di nomi e riferimenti identificativi di terzi estranei alle indagini. Le parti possono chiedere al giudice la distruzione delle conservazioni che li riguardano, a tutela della privacy.

Con il provvedimento, che passa all’esame del Parlamento prima dell’approvazione finale, fatte salve le intercettazioni in tema di mafia e terrorismo, viene limitata la possibilità di prorogare oltre i tre mesi le intercettazioni, a meno che non ricorrano ulteriori precise risultanze investigative desunte anche dalle stesse intercettazioni. Qualsiasi tipo di intercettazione che si protragga oltre i tre mesi e a ogni successiva scadenza trimestrale il funzionario responsabile deve segnalarlo al Procuratore della Repubblica, che potrà esercitare i poteri di vigilanza connessi.

Con il provvedimento arriva anche una riduzione da 166 a 26 dei Centri di intercettazione telefonica, con lo scopo di ottenere un maggior tasso di sicurezza e inviolabilità. A regime significherà un risparmio di circa 190 milioni di euro l’anno. Previste procedure di sicurezza a tutela della privacy con possibilità di identificare sempre il tipo di operazione compiuta e il soggetto che l’ha effettuata.

Ferrei paletti per i giornalisti: vengono estesi i divieti di pubblicazione, tanto che non potranno finire in pagina conversazioni non acquisite agli atti, che rimarranno sempre coperte dal segreto. Individuate anche forti regole sanzionatorie, che prevedono pene pecuniarie di notevole entità per i giornalisti. Chi rivela atti del procedimento penale coperti da segreto dei quali è venuto a conoscenza per il proprio lavoro o servizio o ne agevola la conoscenza è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni. Prevista l’aggravante per chi ha la qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio (reclusione da 1 a 5 anni). Individuata anche una ipotesi colposa con pene fino a un anno di reclusione e da sei mesi a due anni nell’ipotesi aggravata. Introdotta nel codice una nuova norma, l’articolo 617-septies, che sanziona con la reclusione da uno a 3 anni la condotta di chiunque illecitamente prende diretta cognizione di atti delle indagini preliminari coperti da segreto. Modificato il Codice della privacy con una sanzione pecuniaria da 3mila a 18mila euro e, nei casi più gravi, fino a 60mila euro, irrogata dal Garante al giornalista o al direttore responsabile in caso di diffusione di dati in violazione del Codice della privacy o del Codice deontologico dell’attività giornalistica. Sparite dal testo le sanzioni pecuniarie agli editori.

La Federazione della stampa italiana per fare una valutazione attende la pubblicazione del test odello schema di decreto legislativo. «Questa riforma - dice il segretario generale della Fnsi Paolo Serventi Longhi - non è stata finora presa in considerazione dalle istituzioni,mentre si avvia la discussione nella sede parlamentare sulle nuove sanzioni per i giornalisti. La nostra preoccupazione è riferita a un clima, che ci pare di cogliere in alcuni settori della politica, che ci sembra punitivo nei confronti dei colleghi che diffondono notizie sulle inchieste giudiziarie, e questo non é un bene per la democrazia». L’Unci, Unione nazionale cronisti italiani, in una nota, «denuncia il fatto che la previsione delle sanzioni pecuniarie comminate dal Garante della privacy si rivelerà una forma di intimidazione per i giornalisti limitando ulteriormente l’esercizio della professione, in particolar modo dei cronisti giudiziari già pesantemente limitati dalla norma del provvedimento di riordino giudiziario che assegna al solo Procuratore capo la facoltà di parlare con i colleghi».