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7 dicembre 2006

Regioni, tagli alle sedi estere

di Davide Colombo

Il lungo capitolo degli interventi mirati a ridurre i costi della politica ieri ha varcato i confini nazionali per arrivare fino all’ultima sede di rappresentanza all’estero di Regioni, province e comuni.
Un emendamento alla legge Finanziaria, presentato dai senatori ds Massimo Villone e Cesare Salvi, vieta a municipi e amministrazioni provinciali, a partire dal prossimo anno, «l’acquisto di sedi di rappresentanza all’estero». Chi lo farà dovrà contare sulle proprie finanze, perché le spese sostenute «verranno sottratte dai fondi e i trasferimenti complessivi dello Stato all’ente locale». Analogo, anche se formulato nel pieno rispetto dell’autonomia, il disincentivo previsto per le Regioni: un taglio ai trasferimenti dello Stato corrispondente alle spese sostenuto per le iniziative estere.
«Si tratta di un disincentivo modulato sul principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica — spiega Massimo Villone — e che va nella direzione di un’applicazione piena e responsabile del federalismo: chi vuole una sede all’estero se la paga senza contare sullo Stato». L’emendamento, che ha raccolto consensi trasversali, fa salve solo le sedi di rappresentanza presso l’Unione europea a Bruxelles.
In totale sarebbero almeno 94 gli uffici, i desk operativi o le cosiddette "antenne estere" delle Regioni. In molti casi si tratta di veri e propri uffici dell’ente, in altri di semplici punti di contatto presso soggetti privati (filiali di banche o altre organizzazioni pubbliche o private) che garantiscono una rappresentanza commerciale o istituzionale.
È Il Piemonte la Regione che ha più investito in questa direzione, con 33 "punti di rappresentanza all’estero" oltre alla sede di Bruxelles; seguono la Lombardia con 24 e il Veneto con 15; mentre il Friuli Venezia-Giulia ha sette sedi estere.
Favorevoli all’iniziativa il presidente della commissione Esteri Lamberto Dini e il ministro per gli Affari regionali Linda Lanzillotta, secondo la quale «fermo restante il potere di avere le relazioni internazionali nei limiti indicati dalla Corte costituzionale, si può evitare di sprecare risorse con sedi di rappresentanza». La Lanzillotta, più in particolare, ha detto che il problema si può ovviare «appoggiandosi eventualmente alle sedi governative, laddove ci fossero rapporti commerciali e culturali che interessano alle Regioni e agli enti locali per avere delle relazioni stabili». «Credo che questa proposta, che arriva dai senatori e che fa parte di un pacchetto di iniziative volte a ridurre le spese dell’amministrazione e i costi della politica — è stata la sua conclusione — sia ragionevole». Dal centro-destra il parlamentare di Forza Italia Enrico Costa, pure favorevole all’emendamento, ha parlato di «sprechi assoluti, sia che vengano sovvenzionati dai singoli enti sia che vengano finanziati con fondi statali». Ma Costa ha anche criticato la maggioranza per il mancato coordinamento di questa norma con le spese delle Regioni governate dal centro-sinistra.
Intanto, dopo la stretta programmata agli stipendi dei manager pubbilici (che non possono superare i 250mila euro), l’altra notte nella riunione dei capigruppo della maggioranza è stata approvata anche la proposta, presentata dall’Italia dei valori, di vietare il cumulo di compensi, indennità e gettoni per tutti gli amministratori locali. «La politica — ha detto il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro — deve dare il buon esempio». Il leader dell’Idv s’è detto convinto che bisogna tagliare «almeno del 30% gli emolumenti di tutti, dai consiglieri comunali ai ministri» e bisognerebbe anche ridurre «del 50% i rimborsi elettorali ai partiti».



 

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