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Reati contabili: dopo le minacce di Di Pietro il Governo prepara un decreto

Dopo le polemiche sull’indulto il leader dell’Italia dei valori Antonio Di Pietro attacca su un comma dell’emendamento alla Finanziaria che abbrevia i tempi della prescrizione per i reati contabili. Di Pietro critica «l'azione furbesca di qualcuno all'interno della maggioranza, e forse anche del Governo, che ha inserito all'interno degli emendamenti un provvedimento disastroso per la credibilità dell'Unione, che è quello della prescrizione di fatto per i reati contabili». Il comma della discordia è il 1346 dell'articolo 1 del maxiemendamento che recita: «Al comma 2 dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, le parole: "si è verificato il fatto dannoso" sono sostituite dalle seguenti; "è stata realizzata la condotta produttiva di danno"». Il comma 2 della legge che detta disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti, inserendo la modifica, suona così: «Il diritto al risarcimento del danno si prescrive in ogni caso in cinque anni, decorrenti dalla data in cui é stata realizzata la condotta produttiva del danno, ovvero, in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta».
La norma, secondo Di Pietro «porta l'Unione a comportarsi alla Berlusconi. Io e l'Italia dei valori abbiamo combattuto per cinque anni le leggi ad personam del governo Berlusconi e con un sotterfugio viene introdotta questa norma che di fatto impedisce allo Stato di recuperare le somme di cui funzionari e dipendenti corrotti dello Stato si erano appropriati. È grave soprattutto perchè questo emendamento carpisce la buona fede di chi, come me al Governo, si è fidato del fatto che il maxi-emendamento governativo fosse nel pieno rispetto del programma dell'Unione e che oggi si trova ad avere una responsabilità oggettiva per un emendamento non concordato, non voluto, che mai avremmo approvato e che mai approveremo».

Intanto il relatore di maggioranza Gianfranco Morgando dell'Ulivo spiega che la norma, criticata anche dalla Corte dei Conti, dovrebbe essere cancellata con un decreto ad hoc. Fatto già successo. «Credo sia l'unica soluzione possibile - dice Morgando - e rappresenta anche una decisione incontestabile visto che c'è già un precedente. Due o tre anni fa, infatti, una norma della Finanziaria venne abrogata per decreto prima che la Finanziaria stessa entrasse in vigore». Il senatore Fuda, che ha proposto l'emendamento, ci tiene a precisare la sua posizione. «Nessun colpo di spugna - dice - nè, men che meno, una norma ad personam: sono lontanissime dalla realtà le interpretazioni giornalistiche e politiche del disegno di legge che porta la mia firma e del quale il contestato comma 1346 ha ripreso il primo dei tre punti presentati. Ritengo che le incomprensioni di queste ultime ore siano nate dal fatto che, isolato dal contesto, il comma inserito nel maxiemendamento possa portare ad una interpretazione errata dell'emendamento, molto articolato, all'art. 1 L. 20/1994 e successive modifiche (L. 639/96). L'emendamento da me presentato, infatti, se recepito nella sua interezza avrebbe avuto altre due aggiunte sostanziali, come si può verificare dagli atti depositati».

Di Pietro per restare all’interno di una maggioranza «che scimmiotta sui temi della giustizia il Centrodestra» chiede un chiarimento politico al Governo e alla maggioranza. «Questa Finanziaria serve al Paese e noi l'approveremo - conclude Di Pietro - ma il giorno dopo un chiarimento politico sul tema della legalità e della giustizia è improcrastinabile per il mantenimento stesso della nostra presenza in questa maggioranza. Perchè qui c'è qualcuno che ha tradito la buona fede».
Intanto c’è chi recita il mea culpa. Il senatore dell'Ulivo Nuccio Iovene ammette di aver firmato l'emendamento alla Finanziaria, presentato dal collega Pietro Fuda, che accorcia i tempi di prescrizione per i reati contabili: «Confesso un duplice peccato di leggerezza ed eccesso di fiducia», spiega in una nota. «Agli inizi dell'iter della Finanziaria al Senato - dice Iovene - ho ricevuto la telefonata del collega Pietro Fuda che mi chiedeva, essendo stati eletti nella stessa Regione, la disponibilità a sottoscrivere un emendamento tecnico, già firmato dal vice capogruppo Zanda e da altri colleghi dell'Ulivo, che riguardava i contenziosi amministrativi. Ho risposto al telefono di sì, senza approfondire, e questa è la mia principale colpa. Confidavo sull'autorevolezza delle altre firme e sull'esame sempre severo che sarebbe stato fatto dalla commissione, dalla maggioranza, dal relatore e dal Governo, esame che falcidia normalmente migliaia di emendamenti facendo passare solo quelli largamente condivisi e ritenuti indispensabili. Per me è una lezione per il futuro».
Il presidente della commissione Giustizia del Senato Cesare Salvi (Ds) invita Di Pietro a chiedere un chiarimento ai colleghi di governo. «Il ministro Di Pietro - dice Salvi - sbaglia quando parla di responsabilità dell'unione. In realtà l'emendamento sulla prescrizione l'ha voluto il governo di cui lui fa parte. quindi chieda un chiarimento ai suoi colleghi di governo». Salvi ricorda come l'emendamento che accorcia i tempi di prescrizione per i reati contro la pubblica amministrazione, in precedenza, era stato bocciato al senato sia dalla cabina di regia che dalla commissione Bilancio. Come sia poi tornato nelle pieghe della Finanziaria è un mistero da chiarire.

14 dicembre 2006



 

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