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Doppio rebus per le auto

di Marco Mobili

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19 febbraio 2007

Una storia lunga sei mesi

Fisco in panne sull'Iva delle auto. A sei mesi dalla pronuncia della Corte di giustizia Ue - il 14 settembre - che ha riconosciuto la detraibilità dell'imposta senza altri limiti se non quelli legati all'utilizzo, professionisti e imprese non hanno recuperato nulla dell'Iva indebitamente versata.
E non solo. Il Governo, per tamponare il "buco" legato alla decisione europea - 17,1 miliardi € fra rimborsi e mancate entrate 2006 - ha eliminato la deducibilità dei costi delle auto aziendali per imposte dirette, Irap e fringe benefit. Ai professionisti, invece, è stata dimezzata dal 50 al 25% la percentuale di deduzione. In tutto, "un conto" per i contribuenti pari a oltre 5 miliardi l'anno per il 2007 e i due anni successivi. Di qui l'impegno del Governo in sede di Finanziaria ad allentare la stretta sulle dirette in previsione di una deroga Ue all'indetraibilità Iva.
Dopodiché, però, il Fisco è caduto in un'impasse. L'amministrazione finanziaria ha vincolato la definizione dei rimborsi dei tre anni passati alla disciplina applicabile al triennio 2007/2009. Ma il via libera informale ottenuto a metà dicembre con cui si pensava di aver ottenuto dalla Commissione la possibilità di applicare l'indetraibilità Iva solo al 60% (con la conseguente detraibilità al 40%) per tre anni, si è bloccato a Bruxelles. A oggi, infatti, non risulta ancora a punto la proposta di decisione che dovrà essere poi varata dal Consiglio europeo. E, oltre all'ostruzionismo di alcuni Paesi (soprattutto del Nord Europa), il Governo italiano deve far fronte anche a nuovi dubbi sollevati dagli organi comunitari: mentre la Ue si aspettava una richiesta di deroga finalizzata al contrasto dell'evasione e delle frodi Iva (tema su cui l'Europa si compatta nella difesa del gettito dell'imposta) l'Italia ha motivato le sue richieste con la semplificazione della riscossione dell'imposta.
E l'impasse raddoppia sul fronte interno. A meno di 60 giorni dalla scadenza per la presentazione delle richieste di rimborso, fissata per il 16 aprile (il 15 è domenica), le Entrate hanno sì tratteggiato il modello, ma non ancora individuato le percentuali di rimborso - modulate a seconda dei settori - "volute" dal Dl 258/06.
Il punto di partenza per diversificare doveva essere la percentuale fissata in sede Ue, da far "girare" con gli studi di settore. Un'ipotesi subito abbandonata perché le simulazioni hanno prodotto importi irrisori e senza alcuna possibilità di definire l'inerenza dei costi. E neppure l'alternativa di ricorrere alla codificazione Atecofin per macro settori (Manifatture, Agricoltura, Costruzioni, eccetera) sembra praticabile. Qual è, infatti, la base giuridica delle differenze settoriali di detraibilità? Ed è proprio l'Agenzia l'organo competente per definire tali percentuali (si veda l'intervento qui a fianco)?
Senza un auspicabile colpo di acceleratore, dunque, i tempi paiono allungarsi. Con le conseguenze che i ritardi sui rimborsi stanno generando sugli adempimenti contabili e, tra poche settimane, sulle dichiarazioni dei redditi.

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