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L'accanimento del Fisco è «danno esistenziale»

Andrea Maria Candidi

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9 maggio 2007

Via libera al risarcimento del danno esistenziale per le vittime della burocrazia. Quella del Fisco, quanto meno per il momento. Con la sentenza del 19 marzo scorso (causa 2391/02) la terza sezione civile del Tribunale di Venezia, avvalendosi di una perizia medico legale, ha infatti condannato il ministero dell'Economia e delle finanze al pagamento della somma di 15mila euro a ciascuno dei due contribuenti che, vittime di un commercialista che aveva avuto un comportamento professionale non propriamente specchiato, si sono ritrovati faccia a faccia con le pretese dell'Erario. Fatte di sanzioni, interessi e reiterate richieste di prove e documentazioni.
Il giudice ordinario veneziano (non competente a decidere sulle questioni prettamente fiscali che spettano ai colleghi tributari e quindi ignaro della sorte del procedimento penale pendente nei confronti del professionista imputato per il reato di appropriazione indebita) si è "limitato" a risolvere una parte del ricorso. Quella, appunto, del danno non patrimoniale patito dai due malcapitati per il comportamento tenuto nei loro confronti dalla pubblica amministrazione.
Questa, nell'esercizio della propria funzione, deve ispirarsi ai principi di buon andamento e di imparzialità. E il giudice unico del Tribunale di Venezia, Enrico Stefani, fornisce la sua risposta a un semplice interrogativo. Valutata la particolarità del caso, si può esigere da parte dell'amministrazione un comportamento diverso da quello formale? Il giudice ci tiene a sottolineare che qui non è in gioco il diritto del Fisco a ottenere quanto dovuto, che resta questione da sottoporre alla competente commissione tributaria, piuttosto se non era possibile procedere in maniera differente.
Ai due contribuenti che, appresa la condotta dolosa del professionista, si erano tempestivamente attivati con gli uffici territoriali per trovare una soluzione, il Fisco, o meglio le sue varie articolazioni presso le quali la vicenda è rimbalzata, ha risposto con uno stillicidio di cartelle e di contestazioni. E, secondo la perizia medico legale, per entrambi i ricorrenti ciò ha prodotto un «evidente abbassamento della qualità della vita» che si traduce nel riconoscimento, da parte del tribunale, di un danno non patrimoniale.

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